Il Video On Demand in Italia decolla?

La domanda sembrerebbe aver una risposta scontata e allo stesso tempo sibillina: forse si, ma non come sperato.

In primavera Nielsen ha pubblicato una ricerca a riguardo del Video On Demand a livello globale. Ciò che in tale documento viene scritto per l’Italia è sinteticamente quanto segue:

  • Il 36% dei telespettatori italiani è abbonato ad un servizio video a pagamento (contro il 50% della media europea ed il 65% di quella globale)
  • Le principali piattaforme di accesso ai contenuti video on-demand sono gli smartphone, utilizzati nel 48% dei casi, ed i tablet (38%). Ma allora le Smart TV e gli schermi curvi sono in Italia solo hype di qualche blogger e giornalista ipertecnologico? Parrebbe così…
  • Il 54% degli intervistati percepisce il costo dei servizi on-demand come inferiore rispetto alla tv a pagamento tradizionale. Questo dato è un po confortante se pensiamo alla facilità di accesso a determinati contenuti in modalità illegale, totalmente gratuita. Senza pirateria ovviamente sarebbe un dato molto più alto.
  • I contenuti più visionati sembrano essere i film (75% degli intervistati) e le serie tv (41% del campione).

Facciamo ora un punto della situazione dell’offerta italiana di Video On Demand… alla luce delle ultime news.

Sky ha appena lanciato la sua “evoluzione di Sky Online”: Now Tv. Forse un tentativo di aumentare la base utenti/abbonati, che ormai da tempo è bloccata se non in calo per la sua offerta tradizionale.

Mediaset Premium ed il servizio Infinity sono per ora in stallo, probabilmente a causa del passaggio al gruppo francese Vivendi (che tra l’altro ha quota in TIM). Crediamo sia facile prevedere per l’autunno un po di novità e sicuramente una sinergia tra Premium/Inifinty/Tim.

TimVision ha stretto un accordo sui contenuti con NBC Universal e su Android con Google, lanciando in questi giorni il nuovo decoder compatibile 4K e con comandi vocali. TIM rappresenta una piattaforma infrastrutturale, più che un semplice content provider (anche se su TimVision con 5 eur al mese si ha a disposizione un enorme quantità di contenuti e la loro offerta è a dir il vero non meno appetibile di altri competitor). Su TimVIsion, attraverso l’apposito decoder, è difatti possibile attivare servizi esterni dei competitor, con l’offerta TIM si può vedere Sky, Mediaset Premium e Netflix (anche tutti e 3 assieme volendo). Seppur TimVision apparentemente sia poco chiacchierato dai media italiani (rispetto ad esempio a Inifinity, Sky o Netflix), la sua forza sta proprio nel fatto che può contare su tutta l’infrastuttura TIM: fibra, adsl, mobile (ad es. i contenuti TimVision possono essere visti senza costi di traffico dati da qualsiasi utente mobile con SIM della TIM). Per i suddetti competitor più blasonati dai mass media, TimVision è quindi al contempo sia un buon alleato, sia un forte potenziale competitor.

Netflix in Italia arranca così come tutto il settore SVOD (il video on demand in abbonamento flat mensile), se è vero ciò che a marzo diceva un indagine Nielsen: solo il 5% degli italiani usa una piattaforma come Netflix (in Europa si arriva all’11% in media). Netflix crediamo arranchi per varie ragioni, non ultima il fatto che le sue “punte di diamante” (le serie originali) sono state cedute in Italia ai competitor, due esempi: House of Cards a Sky e Orange is the New Black a Mediaset. Così facendo, i contenuti proposti da Netflix in Italia sono davvero miseri al momento.

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Nell’arena VOD vi sono anche altri competitors minori, tra gli altri:

Wuaki (del gruppo giapponese Rakuten) che altroveha raggunto notevole popolarità, in Italia è ridotto ai minimi termini (forse per la miopia del loro country manager?)

ChiliTv punta sul fatto che agli italiani è sempre piaciuto più possedere qualcosa che noleggiarlo… quindi non fa SVOD o solo noleggio in streaming, ma anche in “download to own” (ovvero acquisto del contenuto in download).

VVVVID offre gratis (grazie all’advertising) contenuti di nicchia, più che altro legati all’Anime, l’animazione made in Japan.

PopCorn Tv di Delta Pictures (non il sito illegale) offre solo contenuti limitati al budget che può sostenere un sito che si basa sulla sola pubblicità per sopravvivere.

Conclusioni?
Da un lato il mercato italiano è sempre stato considerato “piccolo” da tutti quanti operino nel settore, non per nulla tutti quanti arrivano in Italia solo quando sono già entrati in altri mercati e non sanno quasi più dove entrare, un esempio? Amazon e il suo Prime Video, di cui non è prevista alcuna attivazione del servizio in Italia ancora per un paio di anni.
Dall’altro lato… Un po come per molti altre problematiche sociali, politiche ed economiche del nostro paese, anche per l’industria audiovisiva e cinematografica (di cui ormai il Video On Demand è parte integrante a tutti gli effetti) vale la solita considerazione: nulla decollerà mai come altrove, se non si cambierà (come nessuno lo sa e non è certo facile scoprirlo) la mentalità dell’italiano medio, quella che, a livello cinema, è quella di andare al cinema solo molto saltuariamente in compagnia giusto per passar una serata (e non per godersi un bel film) e poi vedersi invece centinaia di film in un anno gratis sulle piattaforme pirata di sharing e torrent… perché il cinema non solo non è considerato un arte in Italia, ma purtroppo è anche considerato un “furto” chiedere anche solo 5,00 eur al mese per un abbonamento che permetta di godersi centinaia di film e serie televisive sulla propria Tv. Se non si riuscirà a cambiare questa mentalità che ormai da anni è dilagata, il mercato italiano dell’audiovisivo e del cinema è destinato ad esser sempre e comunque troppo di nicchia…

I cinesi si comprano il 49% di Paramount Pictures?

La prestigiosa rivista Variety ieri in questo articolo ha dato notizia di come Wanda Group (di cui abbiamo già parlato qui) sia il maggior candidato ad acquisire dalla Viacom il 49% di Paramount per una cifra che si potrebbe aggirare sui 4/5 miliardi di dollari.

Perché Viacom vuole cedere parte della Paramount? Forse qualcosa c’entra anche il semi-flop del nuovo film sulle Tartarughe Ninja (forse non un flop in Italia, ma in parecchi mercati più lucrosi si), un film costato 144 milioni dollari e co-finanziato anche da Wanda Group.

Se dovesse andare in porto questa operazione i cinesi di Wanda Group sarebbero certamente i più introdotti a Hollywood e nel ramo entertainment visto che già posseggono la catena di multi sala AMC e la casa di produzione cinematografica Legendary Entertainment.

Quel che è perlomeno curioso è un semplice dato di fatto: se da una parte gli investitori cinesi (non solo Wanda, ma ad esempio anche AliBaba) sono super interessati a Hollywood ed al cinema… dall’altro la Cina, pur essendo un potenziale enormae mercato per l’entertainment, è anche il luogo in cui nasce, cresce e prolifica la pirateria globale: moltissimi films vengono immessi sul mercato pirata con una buona qualità (indice che vengono “rippati” da DCP o master e non ripresi nelle sale con videocamere), ma si diffondono sui siti di videosharing e torrent mondiali con gli ideogrammi cinesi come sottotitoli.

Per il bene di tutti (appassionati di cinema, semplici spettatori, industria cinematografica, filmmakers etc) speriamo che, con l’arrivo di grossi investimenti Made in China, siano proprio questi stessi investitori a far leva sul loro governo (tanto ligio a censurare alcuni films) affinché reprima o tenti di reprimere perlomeno il fenomeno pirateria nel loro paese, che danneggia globalmente tutta l’industria cinematografica ed audiovisiva.