Il Corriere insiste

E’ la seconda volta che il Corriere dà spazio ad articoli sul cinema strumentali e palesemente “ordinati”, ed è un peccato che un giornale serio non si renda conto che pubblicare opinioni false non fa bene alla sua salute.

Del Brocco e Letta sono gli unici produttori (sarebbe meglio dire dipendenti) che hanno alle spalle una televisione che li protegge e li giustifica.

Pertanto il loro giudizio è falsato in partenza: ma nel parlare di crisi e di sala nessuno dei due parla di quello che è l’oggetto stesso dell’industria, di quello che è la base del lavoro, e cioè del film.

Si può parlare di cinema senza fare un minimo riferimento al prodotto che viene proposto? Non è un segreto che i grandi film americani abbiano ottenuto ottimi risultati anche da noi, vengano apprezzati dal pubblico, favorendo autori e attori autoctoni.

Ma in Italia perché mai dovrebbero piacere filmetti banali, commediole stupide, attori stantii, prodotti di bassa qualità?

Cosa chiedono i nostri Del Brocco e Letta, già baciati dalla fortuna, inchinati davanti all’altare di Franceschini: che il Ministro allunghi la finestra di protezione del cinema a sei mesi? Ma si rendono conto che il mancato incasso cinematografico pesa come un macigno sulle sorti del prodotto? Senza il tax credit, oramai, non verrebbe realizzato neanche un film.

Diverso sarebbe chiedere, ma questo i nostri eroi sanno essere contrario ai loro interessi, di impedire che un film straniero vada in televisione prima di un anno, e diverso è pretendere che tutti i film, anche quelli modestissimi di nostra, ma soprattutto loro, produzione siano difesi in un sistema distributivo ormai nelle mani di Lombardi ed altri operatori che usano il “traileraggio” come arma contundente per assicurarsi i guadagni.

Sono ben altre le necessità del settore: diminuzione del tax credit per i film, eliminazione del tax credit alle televisioni, limiti precisi alla acquisizione delle società nazionali collegate con Rai, obbligo di acquisto da parte delle piattaforme di prodotto nazionale con criteri automatici e non discrezionali, …. E mi fermo qui per non demolire ulteriormente l’articolo del Corriere che andrebbe iscritto di diritto tra le pagine più brutte dell’anno.

Le domande a questo punto sorgono spontanee:

  • chi ha interesse a gettare i politici in un percorso cieco?
  • Franceschini si rende conto del baratro legislativo o si accontenta delle parole e del controllo di Nastasi?
  • la RAI è complice di questo meccanismo o comincia a dubitare dei risultati?
  • ANICA, avendo rinunciato con Rutelli a qualsiasi azione di disturbo al ministro, può continuare a rappresentare gli operatori?
  • fino a quando il popolo audiovisivo tollererà di essere messo a pane e acqua?

Accetto qualunque risposta.

Avv. Michele Lo Foco

IL FUOCO DENTRO-2

La storia continua..

..saltiamo a piè pari qualche annetto. Rinunciai a cinema, per delusione generale, e feci il servizio militare proprio a Roma; destino vuole.

La “scimmia del cinema” mi si attaccò alla schiena. Non avevo più nessun contatto con i cinema, ma mi ci buttai con decisione e incoscienza. Mi iscrissi ad una scuola di spettacolo, privata, usai tutti i mezzi e arrivai a collaborare alla Radio3 Rai in un programma per giovani. Mi inventai servizi sul cinema, questo mi permise di arrivare a persone del settore. In breve tempo si costituì un piccolo gruppo di amici determinati a fare cinema. Mancavano soldi e contatti con le produzioni. Queste erano recalcitranti, non ero nessuno.  Con Carlo decidemmo di fare un film che avevo scritto.

Provammo a comprare una telecamera (era il 1980) perché la pellicola era inavvicinabile. La telecamera costava già un botto, 15 milioni! Un amico fraterno, Renato, ci diede la possibilità di usare uno spazio come ufficio di produzione; sulla porta faceva bella mostra la targhetta “Produzione Propria”. Si aveva una scrivania e un tabellone dove campeggiava il PDL (Piano di lavorazione) , le foto degli attori provinati, ecc, come un vero ufficio di produzione, ma non avevamo una lira, davvero.

Faceva il solito caldo africano della Roma di luglio, svoltato l’angolo mi scontrai con Gianni, siciliano di Milano, che era all’università con me. Che ci fai qui? Io sto preparando un film, e tu? Io lavoro con la Rai. Da lì in avanti fu una danza assurda dove a tutti i personaggi Rai che potei contattare tramite Gianni raccontavo la solita storia: sto preparando un film così e così.  L’entusiasmo, la giovinezza, l’incoscienza fecero il resto, dopo pochi mesi il direttore della struttura proposta a scoprire nuovi talenti mi propose il contratto per girare il film.

Un’angoscia; ora dovevo veramente fare il regista. Avevo solo esperienza come responsabile dell’edizione dei film che il regista a cui avevo affidato il mio tempo, realizzava.  Il film fu girato nel 1982.

Un piccolo film TV destinato ai festival, ma non alla sala; quello arrivò 4 anni più tardi.

Giorgio Molteni

Regista