CURE di Kurosawa Kiyoshi

Giovedì 3 aprile arriva nei cinema italiani Cure, il capolavoro del 1997 scritto e diretto dal regista giapponese Kurosawa Kiyoshi.

A 28 anni dalla sua realizzazione, il film trova finalmente in Double Line la distribuzione in grado di porre rimedio a una delle più clamorose sviste mai compiute dalle distribuzioni italiane, che avevano ignorato sino ad ora quello che da parte di molta critica è ritenuto uno degli horror psicologici più influenti degli ultimi trent’anni, precursore del genere J-Horror a cavallo tra i due secoli.

Cure arriva nelle sale italiane in versione restaurata 4K e per la prima volta anche doppiato in una lingua diversa dal giapponese, con Vittorio Guerrieri a prestare la propria voce allo straordinario attore giapponese Yakusho Kōji (indimenticabile pluripremiato protagonista di Perfect Days di Wim Wenders).

Cure è il film più famoso di Kurosawa Kiyoshi, uno dei grandi nomi del cinema giapponese contemporaneo. È l’opera che lo ha portato all’attenzione dei cinefili e al plauso della critica e che lo ha imposto come maestro del cinema horror. È il suo film più misterioso e affascinante. Thriller soprannaturale, che tocca i temi del senso di colpa e dell’alienazione nella società moderna, Cure si inserisce idealmente nel filone dei “serial killer” di quel periodo, sulla scia degli statunitensi Seven e Il silenzio degli innocenti, ad essi accostabile per un’ambientazione post-industriale e un protagonista tormentato, nonché per l’importanza riservata ai dialoghi-confessione tra poliziotto e criminale.

Tokyo, febbraio 1997. La città è colpita da una serie di efferati omicidi, le cui vittime riportano profonde ferite a forma di X all’altezza del collo. I delitti sono compiuti da persone comuni che non riescono a dare una spiegazione alle proprie azioni. Sul caso indaga Takabe, un detective integerrimo ma tormentato dalla malattia mentale di cui soffre la moglie. Con l’aiuto dello psichiatra Sakuma, Takabe riesce a risalire ad un giovane di nome Mamiya che da qualche tempo si aggira nella capitale, apparentemente senza memoria. Il detective sospetta che sia stato proprio lui a muovere la mano degli assassini, ricorrendo a oscuri poteri di ipnosi e magnetismo.

Kurosawa Kiyoshi, forte di una carriera ormai quarantennale, è stato una presenza costante nei maggiori festival internazionali. Ha affiancato la sua prolifica attività di regista e sceneggiatore con quella di critico cinematografico e docente di cinema. Uno dei tratti distintivi della sua filmografia, che emerge con tutta evidenza in Cure, è la sua capacità di esplorare temi complessi come la solitudine, la follia e la fragilità delle relazioni umane, il tutto filtrato attraverso uno stile assolutamente personale e poco conciliante con il gusto mainstream, come con chiarezza dice lo stesso Kurosawa: “Quando giro un film, per me il genere rappresenta «la distanza che posso prendere da un film di Hollywood». I film che faccio io sono sempre, e non potrebbe essere altrimenti, film giapponesi. Quindi li giro come film giapponesi”.

La direzione

THE SHROUDS- SEGRETI SEPOLTI

  • Regia: David Cronenberg
  • Attori: Vincent Cassel, Diane Kruger, Guy Pearce, Sandrine Holt, Al Sapienza, Ingvar Eggert Sigurdsson
  • Genere: Horror, Thriller
  • Paese: Canada, Francia
  • Durata: 119′
  • Al cinema dal 3 aprile 2025

Karsh (Vincent Cassel), è un imprenditore che, dopo la morte della moglie, sviluppa una tecnologia innovativa in grado di monitorare in tempo reale i corpi dei defunti avvolti nei sudari, come se fossero una sorta di limbo tecnologico. Questa invenzione, nata dal desiderio di mantenere un legame tangibile con chi non c’è più, si trasforma presto in una discesa nelle tenebre quando diverse tombe vengono profanate, spingendo Karsh a indagare sul misterioso atto vandalico.

Risultato immagine per THE SHROUDS- SEGRETI SEPOLTI

David Cronenberg prosegue la sua indagine sul corpo e la sua metamorfosi, intrecciando lutto, tecnologia e ossessione. Questa premessa diventa il pretesto per indagare ancora una volta il corpo come territorio di mutazione ed evoluzione. Il sudario che avvolge i defunti diventa una sorta di seconda pelle, un velo attraverso cui il dolore del lutto si concretizza in una dimensione quasi tattile. In questo contesto, la mutilazione e il deterioramento dei corpi sembrano assurgere a una nuova forma di estetica, in cui la violenza diventa un canale espressivo per il desiderio di controllo e di contatto con l’aldilà. Cronenberg riesce a trasformare la mutilazione in una visione quasi artistica, dove il corpo lacerato diventa una scultura della sofferenza e del desiderio di eternità, esaltando il legame tra distruzione e bellezza.

Galleria fotografica The Shrouds - Segreti sepolti | MYmovies

La scelta di far interpretare sia la moglie defunta di Karsh che sua sorella da una stessa attrice (Diane Kruger) è emblematica: il confine tra passato e presente, tra il ricordo e la realtà, si dissolve in un gioco di proiezioni psicologiche. Karsh si ritrova così imprigionato in un loop emotivo in cui la tecnologia diventa uno strumento di autoinganno piuttosto che di guarigione. La frase cardine del film, “Quanto sei disposto ad addentrarti nelle tenebre?”, incarna perfettamente questa ossessione per il dolore e il rifiuto del distacco, lasciando emergere il tema della perdita come territorio oscuro in cui il desiderio di trattenere i morti si scontra con la necessità di lasciarli andare. In questo senso il film sembra richiamare La camera verde di François Truffaut, in cui il protagonista vive immerso nel culto dei defunti, incapace di accettarne la perdita.

The Shrouds - Segreti sepolti, la società dello spettacolo è ovunque ...

Con il suo stile freddo e chirurgico, Cronenberg firma un’opera che interroga il senso stesso della memoria e dell’identità, ricordandoci che, a volte, il prezzo della negazione del lutto è quello di perdersi nelle ombre del passato. The Shrouds si conferma così come una riflessione profonda e disturbante sull’incapacità di lasciar andare, mostrando come l’ossessione di trattenere i morti possa far smarrire il confine tra realtà e illusione, tra luce e tenebra. Nonostante i temi trattati siano diversi e a tratti confusi, la loro esposizione è sempre narrata in modo profetico, il film perciò si inserisce perfettamente nel solco delle opere del regista, dove la trasformazione fisica e mentale diventa il cuore della narrazione.

 

 

 

 

 

Miriam Dimase

L’ALBA DELL’IMPRESSIONISMO. PARIGI 1874

durata: 90 minuti

Arriverà al cinema l’8 e il 9 aprile, come nuovo appuntamento della stagione della Grande Arte al Cinema di Nexo Studios,  L’Alba dell’Impressionismo. Parigi 1874, il film documentario diretto da Ali Ray che ci guida tra le sale della mostra che il Musée d’Orsay ha dedicato ai 150 anni del movimento impressionista.

Il 15 aprile 1874 apriva a Parigi la prima mostra impressionista. «Affamati di indipendenza», Monet, Renoir, Degas, Morisot, Pissarro, Sisley, Cézanne avevano deciso di trasgredire le regole organizzando la loro mostra, al di fuori dalle vie ufficiali: nasceva così l’impressionismo. Per celebrare questo epocale anniversario, il Musée d’Orsay  ha esposto  circa 130 opere, volgendo uno sguardo nuovo e attento alla data considerata come anno di nascita dell’avanguardia.  Attraverso le sale della mostra, L’Alba dell’Impressionismo. Parigi 1874 ripercorre le circostanze che hanno spinto 31 artisti – di cui solo sette sono oggi universalmente famosi – a riunirsi per esporre insieme le proprie opere. Il clima del periodo era quello di un dopoguerra dopo due conflitti: la Guerra franco-tedesca del 1870, e una violenta guerra civile. In questo contesto di crisi, gli artisti ripensano la propria arte ed esplorano nuove strade. Il piccolo «clan dei rivoltosi» dipinse scene della vita moderna o paesaggi dai colori chiari per lo più abbozzati all’aperto. Come notò un osservatore, «quello che sembrano ricercare prima di tutto è l’impressione». All’inizio questi pittori erano degli outsider disprezzati e squattrinati. Ma proprio il 1874 fu l’anno che cambiò tutto: i primi impressionisti ruppero gli schemi esponendo circa 200 opere appese su pareti rivestite di lana bruno-rossastra nello studio del fotografo Nadar.

La spettacolare mostra del Musée d’Orsay  offre uno sguardo completamente rinnovato su questa straordinaria vicenda di passione e ribellione. La storia questa volta non è raccontata da storici e curatori, ma dalle parole di coloro che furono testimoni dell’alba dell’impressionismo: gli artisti, la stampa e i cittadini di Parigi. Prodotto da Phil Grabsky per Exhibition on screen, L’Alba dell’Impressionismo. Parigi 1874 è realizzato in collaborazione con il Musée d’Orsay e la National Gallery of Art di Washington D.C.
Il documentario raccontato da voci esterne attraverso i quadri di questi pittori guardati allora con molto distacco come spesso capita a chi non accetta il nuovo, diventa un racconto appassionato di un movimento che ha mutato così profondamente il mondo dell’arte pittorica.

Trailer:

 

 

 

 

Maria serena Pasinetti

Sotto le foglie ( Quand vient l’automne)

Regia: Francois Ozon

Attori: Josiane Balasko, Vincent Colombe, Helene Vincent, Marie-Laurence Tartas

Genere: Drammatico

Paese: Francia

Durata: 102’

Al cinema dal 10 aprile 2025

Michelle Giraud ( Helène Vincent) è una pensionata che vive la sua routine in un tranquillo villaggio della Borgogna, ma con l’arrivo della figlia Valerie ( Ludivine Sagnier)  e del nipote Lucas (Garlan Erlos) per le vacanze di Ognissanti, le tensioni emergono quando Valerie si ammala dopo aver mangiato dei funghi raccolti da sua madre.

Sotto le foglie  è un film che, fin dalle prime scene, offre spunti per comprendere la direzione narrativa e tematica che seguirà. Per uno spettatore attento, i dettagli iniziali talvolta anticipano elementi centrali della storia, suggerendo in questo caso ,  riflessioni sulla colpa, il perdono e la possibilità di concedere una seconda opportunità, temi che si rivelano fondamentali nel corso del film.

Il racconto si concentra su personaggi segnati da errori e scelte difficili, esplorando la complessità delle essere genitori e l’impatto che le proprie mancanze possano avere sui figli. Ozon costruisce una narrazione in cui la consapevolezza delle proprie colpe diventa un passaggio essenziale per poter andare avanti, mostrando che il perdono- sia verso gli altri, che verso se stessi- richiede maturità e compresione.

La scelta del titolo originale si rivela particolarmente significativa: evoca il momento della maturità, quando si acquisisce una piena coscienza delle proprie azioni e delle loro conseguenze. E’ il tempo in cui si riconoscono i propri errori commessi e di comprende che, nonostante tutto, si può ancora provare a rimediare. Il titolo italiano, richiama invece l’idea dei segreti  e dei peccati che tentiamo di nascondere, ma che inevitabilmente emergono, portando con sé la necessità di fare i conti con il passato. Entrambe le scelte esprimono con forza il senso del film: la difficoltà di affrontare la verità, ma anche la possibilità di ricominciare.

Ozon riesce a trattare questi argomenti con delicatezza, evitando il rischio di scivolare nell’eccesso e nella retorica. Anche se le esperienze vissute dai personaggi sono intense e dolorose, la narrazione di sviluppa con equilibrio, permettendo allo spettatore di empatizzare con le loro fragilità. La capacità del regista di raccontare storie intime e universali emerge con forza, regalando un film che invita alla riflessione e che ricorda, con tocco delicato, quanto sia importante non rimanere prigionieri nei propri errori.

Trailer:

 

Miriam Dimase

Sorprendentemente Mazzi

Mi ero ripromesso di non commentare ulteriormente le affermazioni ottimistiche della senatrice Borgonzoni, ma di fronte al sorprendente esordio cinematografico del sottosegretario Mazzi non posso resistere, soprattutto per testimoniare che prendere in giro il settore non è né facile né utile né etico.
È evidente che Mazzi non ha fatto altro che leggere un discorso preparato da altri, che ripercorre tutte le fantasie elaborate dai vertici in questi mesi per nascondere il disastro strutturale del settore, ed è pertanto necessario, soprattutto per Lui e perché capisca, contrastare punto per punto le Sue affermazioni.
La prima è che 475 domande per il tax credit produzione dimostrano che il settore è operativo: regalando i soldi a chiunque si presenti è ovvio che le domande si moltiplichino, ma questo dato è solo la dimostrazione che la legge è talmente priva di confini che fino a che sarà possibile, tutti cercheranno di sfruttarla anche producendo il filmato della loro prima comunione.
Cambiando settore se lo Stato finanziasse il 50% del costo delle automobili, anche importate dall’estero, tutti da tutto il mondo verrebbero ad acquistare automobili in Italia, anche veicoli scadenti e di nessun pregio.
Seconda affermazione: si sta valutando la reintroduzione dell’obbligo di reinvestimento…
Premesso che sono passati quasi otto anni dall’introduzione del velenoso tax credit ( e che ancora stanno valutando…), l’obbligo prima di tutto prevede una scadenza impensabile, difficile da controllare, ma soprattutto per le major che operano in Italia non comporta alcuno sforzo, se non quello di produrre ancora e di maturare altro tax credit.
Il moltiplicatore di cui parla Mazzi riguarda il risultato dei guadagni delle major e del sacrificio statale. In poche parole si moltiplica il saccheggio.
È poi da comprendere come si inserisce in questo contesto la cessione dei proventi allo Stato, inserita nella legge finanziaria, che ci sembra di capire nel 2025 è già operativa ma nessuno ne parla.
Terza affermazione: i limiti al tax credit ci sono 9 milioni e 18 milioni.
Povero sottosegretario al quale fanno dire queste assurdità: premesso che quei limiti sono spaventosamente alti e consentono di rubare con la pala, non valgono per i produttori esteri e le produzioni esecutive in Italia, e pertanto non sono operativi proprio laddove servirebbe un limite.
Quarta affermazione: ci sono 35 set attivi in Italia.
Bene, ha controllato Mazzi di cosa si parla o voleva solamente fare impressione? Intanto sono altrettanto numerose le società che non riescono a terminare la produzione e quelle che stanno fallendo, ma tra i 35 ci sono: documentari, una alta percentuale di prodotti televisivi, sui quali tornerò, prodotti realizzati da major a base estera che continuano ad ingolfarsi di tax credit (con i quali aggiungo possono essere acquistati anche uffici, mobili, vetture di servizio, sale cinematografiche, ed altro,) e soprattutto progetti senza alcuna reale consistenza che forse verranno realizzati o forse no.
La verità è che il settore è immobilizzato dalla mancanza di erogazioni, non di assegnazioni (è bene precisarlo per fare   chiarezza) e che in futuro non potrà che essere prevista una totale modifica del sistema contributivo.
Nel frattempo i privilegiati possono fare indigestione.
Aggiungo per il Sottosegretario: La televisione è una azienda di Stato, pagata con i soldi dei cittadini. Rai cinema anche se sembra non è la società di Del Brocco, e Rai fiction, anche se sembra, non è la società dell’Ammirati.
I soldi erogati dai suddetti a totale discrezione, finiscono nelle aziende privilegiate di coloro che sono riusciti ad accreditarsi e a congiungersi strutturalmente, tramite metodi vari, con l’azienda di Stato, che li libera totalmente dal rischio produttivo, grazie alla contemporanea regalia del tax credit.
Pertanto gentile Sottosegretario, Le suggerisco di ripassare la materia.

Avv. Michele Lo Foco

SUART 2025 – Convegno Internazionale e Mostra Personale di TIZIANO CALCARI

Save the date

2 aprile ore 14:30 Fabbrica del vapore, Milano

SUART 2025: Forum Internazionale sull’Arte Sostenibile, con la Mostra Personale di Tiziano Calcari, a cura di Marco Eugenio Di Giandomenico.

A MILANO ARTWEEK il forum internazionale SUART 2025 sull’arte sostenibile

Dal 31 marzo al 5 aprile 2025, nell’ambito degli eventi di MILAN ARTWEEK 2025, presso La Fabbrica del Vapore di Milano (Sala Messina, I piano), Ethicando Association (www.ethicando.it) organizza l’evento SUART 2025, con la curatela artistica e scientifica di Marco Eugenio Di Giandomenico.

Un evento internazionale di carattere scientifico interdisciplinare, istituzionale e artistico che vuole delineare le differenti declinazioni della nozione di “sostenibilità dell’arte”, in continua evoluzione semiologica e sempre più oggetto di attenzione nell’ultimo ventennio da parte di istituzioni, filosofi, sociologi, accademici, professionisti di settore e artisti.

Tra le tematiche approfondite nel forum SUART 2025 c’è il cinema sostenibile, vale dire le produzioni cinematografiche che si fanno portatrici di riflessioni di cogenza sociale.

In particolare è presentato il film IO SALVATORE – AI REVOLUTION di Francesca Bochicchio, distribuito da DNA srl di Giovanni De Santis, già presentato con successo a Potenza (premiere il 17.03.2025; conferenza di approfondimento presso l’Università degli Studi della Basilicata il 18.03.2025) e di prossima proiezione a Milano, presso il MEET Digital Culture Center (Viale Vittorio Veneto, 2, 20124 Milano; ore: 19:00).

SUART prevede la partecipazione di autorità istituzionali, personalità del mondo della cultura, dell’arte, dell’accademia e dell’università.

Per informazioni:

ETHICANDO Association

E-mail: [email protected]

Tel.: +393289304797

La Redazione

SENZA SANGUE

Regia: Angelina Jolie

Attori: Salma Hayek, Demien Bichir, Juan Minujin, Andrés Delgado, Nika Perrone

Genere: Drammatico

Paese: Usa

Durata: 91’

Al cinema dal 10 aprile 2025

Without Blood - Senza sangue: il film di Angelina Jolie al TFF 2024

Una violenta irruzione in una casa, culmina con una una sparatoria che lascia dietro di sé caos e mistero. I sopravvissuti si trovano coinvolti in una disperata ricerca dei sicari, intenti a regolare vecchi conti in sospeso.

Il film di Angelina Jolie si apre con una sequenza intensa e coinvolgente: questa prima parte, seppur convenzionale, cattura l’attenzione grazie a un ritmo serrato e a una regia che valorizza la tensione.Tuttavia, dopo questo avvio promettente, il film prende una direzione meno incisiva. La narrazione si frammenta in un faccia a faccia tra i due protagonisti, arricchito da numerosi flashback che, invece di aggiungere spessore emotivo, appesantiscono il ritmo del film. Le emozioni si raffreddano e il coinvolgimento scema, lasciando lo spettatore in uno stato di incertezza latente. I due punti di vista che emergono  dal confronto sono interessanti, ma vengono sviluppati in modo prevedibile e senza guizzi narrativi particolari. Il finale, poi, si presenta debole e privo di impatto, lasciando l’impressione di una conclusione affrettata e poco soddisfacente.

Senza sangue, dal romanzo di Baricco un apologo universale su tutte le ...

Angelina Jolie torna alla regia con il suo settimo film, tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro Baricco: il suo stile registico si distingue per un approccio sobrio e diretto, incentrato su temi drammatici e complessi, mantenendo  un equilibrio tra la narrazione visiva e il contenuto emotivo, senza però cercare mai di forzare l’intensità della storia, lasciando che i momenti più significativi emergano in modo naturale.

Angelina Jolie realizzerà un film tratto da Senza Sangue di Alessandro ...

In definitiva, questo film parte con buone premesse ma si smarrisce lungo il cammino, non restituendo quella  forza emotiva e narrativa che ci si sarebbe potuti aspettare da una storia

di vendetta e redenzione.

Miriam Dimase

PINO

A settant’anni dalla nascita di Pino Daniele arriva come evento speciale al cinema, solo il 31 marzo, il 1 aprile e il 2 aprile, il documentario Pino diretto da Francesco Lettieri.
Prodotto da Groenlandia, Lucky Red e Tartare Film. In collaborazione con Netflix e Timvision.

Pino Daniele è stato un grande cantautore, un poeta, un grandissimo chitarrista che è riuscito a fondere la tradizione napoletana con la musica nera, creando dei suoni completamente nuovi e originali. E’ stato una rockstar, ma anche un compagno di banco, un amico, un marito, un padre, un napoletano, certo, ma innamorato della Toscana, di Roma e di Milano. Un concentrato di italianità che però rifuggiva gli stereotipi e cercava ossigeno nei musicisti di tutto il mondo. Questo documentario è il tentativo di raccontare tutto questo, partendo dalla sua musica, dalle sue canzoni, dai suoi esperimenti, fino ad arrivare a un inedito nascosto.

Francesco Lettieri, il regista, guida Federico Vacalebre, giornalista e critico musicale, sulle tracce di un Pino ancora non raccontato, servendosi di video mai diffusi di concerti, backstage e sale d’incisione, inediti musicali, foto degli album di famiglia, appunti tratti dal diario e strumenti musicali. Ripercorrendo i luoghi in cui Pino ha vissuto, emerge nel documentario l’uomo prima ancora dell’artista, emozionandoci ad ogni immagine.

Nel documentario sono presenti le interviste a tanti artisti con cui ha collaborato Pino Daniele, tra cui Rosario Fiorello, Jovanotti, Vasco Rossi, Fiorella Mannoia, Loredana Bertè, ma anche James Senese, Rosario Jermano, Enzo Avitabile, Tullio De Piscopo, Tony Esposito , star internazionali come Eric Clapton e poi amici di infanzia, parenti e discografici .

Francesco Lettieri, regista napoletano, racconta Pino Daniele anche e soprattutto attraverso la Napoli di oggi girando ex novo i videoclip di alcune sue canzoni e inserendoli all’interno di questo racconto.
Il film è un’immersione verticale nella vita di Pino, testimoniata in audio dalle voci di chi lo ha amato, con lui ha lavorato, suonato, girato il mondo in tour, anche litigato e poi fatto pace.
Il regista e il critico, mettendosi alla ricerca di quello che resta di Pino, si rendono conto che forse lui  non se n’è mai andato.
Il progetto vanta la collaborazione con la Fondazione Pino Daniele Ets, che ha riconosciuto al progetto del documentario il sigillo “70/10 Anniversary”, un marchio distintivo assegnato esclusivamente a eventi, progetti e manifestazioni che, oltre a rendere omaggio alla memoria di Pino Daniele, rappresentano un valore significativo e un contributo rilevante alla sua eredità musicale e culturale, in occasione dei 10 anni dalla sua scomparsa e dei 70 anni dalla sua nascita.
Serena Pasinetti

QUEER

Regia di Luca Guadagnino
Durata: 136′
Con: Daniel Craig, Drew Starkey

Basato sull’omonimo romanzo di William S. Burroughs.

Anni Cinquanta, William Lee è un americano sulla soglia dei cinquanta espatriato a Città del Messico. Passa le sue giornate quasi del tutto da solo, se si escludono le poche relazioni con gli altri membri della piccola comunità americana. Quando incontra Eugene Allerton, un giovane studente appena arrivato in città, è amore a prima vista ma solo da parte di Lee, che si illude per la prima volta della possibilità di stabilire finalmente una connessione intima con qualcuno. I due intraprendono un viaggio per l’America Latina alla ricerca dello Yage (Ayahuasca) per scoprire le potenzialità e gli effetti di questa sostanza e forse anche della propria identità.

Il nuovo film di Luca Guadagnino ci guida in un viaggio frenetico, psichedelico e dalle tinte oscure nel desiderio e nella solitudine, da cui nessuno può scampare. Tutto è ambiguo e a volte quasi inquietante, dai personaggi che circondano il protagonista ai luoghi che lo accolgono. Il tutto accompagnato sempre dalle giuste colonne sonore.

Presentato in concorso ufficiale alla 81° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di VeneziaQUEER di Luca Guadagnino è forse la sua prova registica più matura, in cui dipinge i personaggi di Borroughs e quelle ambientazioni con le tinte thriller quasi hitchcockiane.

Il film uscirà in Italia distribuito da Lucky Red dal 17 aprile.

Trailer disponibile qui.

 

 

 

Francesca De Santis

ONE TO ONE: JOHN & YOKO

UN MANIFESTO SULL’AMORE, LA MUSICA, LA RIVOLUZIONE.

DOPO LA PRESENTAZIONE AL FESTIVAL DI VENEZIA  E AL SUNDANCE FILM FESTIVAL 

DAL REGISTA PREMIO OSCAR® KEVIN MACDONALD

 ARRIVA NELLE SALE COME EVENTO SPECIALE SOLO DAL 15 AL 21 MAGGIO

IL FILM SULL’EPOPEA RIVOLUZIONARIA

DI JOHN LENNON E YOKO ONO

Un viaggio attraverso l’essenza più pura del pacifismo, la controcultura incendiaria della coppia e il celebre concerto del 1972,  con materiale inedito, filmati casalinghi  e le conversazioni intime con amici e collaboratori.

Un ritratto esilarante, potente e autentico di Lennon e Ono.

The Guardian

Arriverà nelle sale dal 15 al 21 maggio come evento speciale “ONE TO ONE: JOHN & YOKO”, il docufilm del regista Premio Oscar® Kevin Macdonald, presentato in anteprima all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.

Il trailer ufficiale è disponibile a questo link https://youtu.be/o4lEd9HVOYQ

È l’inizio degli anni ’70 e John Lennon e Yoko Ono lasciano il Regno Unito per trasferirsi a New York: sono la coppia d’oro della controcultura, il loro impegno politico e sociale è incessante in quei mesi, al fianco di personaggi come Allen Ginsberg e Jerry Rubin, ma stanno anche cercando Kyoko, la figlia Yoko, e sono preoccupati per le intercettazioni dell’FBI.

Nel loro piccolo appartamento, che è stato fedelmente riprodotto per il film, la tv è la finestra sul mondo: le immagini della scena politica e sociale con gli orrori della guerra in Vietnam e le prime crepe del Watergate si rincorrono sullo schermo, alternandosi a jingle pubblicitari spensierati, come sorrisi forzati che non bastano a nascondere il malcontento del popolo che insorge.

Affascinati da un’inchiesta sui bambini del Willowbrook State School, organizzano l’evento benefico One to One Benefit Concert: due concerti che si tengono il 30 agosto 1972 (pomeriggio e sera) al Madison Square Garden di New York con la Plastic Ono Elephant’s Memory Band e che rimarranno l’unico live completo di Lennon dopo i Beatles.

Il film unisce musica live, con l’audio del One to One Benefit Concert rimasterizzato e prodotto da Sean Ono Lennon, e intimità con inediti filmati casalinghi e numerose registrazioni di telefonate di John e Yoko con amici e collaboratori, offrendo una prospettiva unica su un periodo fondamentale nella vita di una delle coppie più iconiche della storia della musica.

Racconta Kevin Macdonald «Fin dall’inizio ho deciso che non sarei andato a cercare vecchi uomini sui loro letti di morte per ottenere un aneddoto su John Lennon, che probabilmente avevano già raccontato (…) Ho pensato: c’è abbastanza materiale qui che potremmo semplicemente lasciarli parlare da soli, permettere al pubblico di origliare rendendo questo parte del gioco».

La Redazione