Any day now è un film del 2012 diretto da Travis Fine, basato su una storia vera: ambientato in California alla fine degli anni ’70, racconta la storia d’amore di Rudy e Paul, una coppia omosessuale che tenta di ottenere l’affidamento di Marco, un ragazzo affetto da sindrome di Down. Il minore, vicino di casa di Rudy, si trova improvvisamente in stato di abbandono, a causa della carcerazione della madre.
Il tema dei diritti è la base del film: una delle scene più significative si svolge ad una festa a cui Rudy e Paul partecipano, costretti però a nascondere il loro legame. Lo scambio di battute avviene appunto intorno alla possibilità di occuparsi di Marco.
“Questa è una discriminazione!” afferma rabbioso Rudy, a cui ribatte prontamente Paul: “non è una discriminazione, è la realtà”.
In questo dialogo Paul, avvocato che lavora nell’ufficio del procuratore e che afferma di aver scelto questa professione per “cambiare il mondo”, non riconosce la discriminazione verso il suo essere omosessuale, privato pertanto di alcuni diritti fondamentali, mentre Rudy, di professione drag queen in un locale notturno e dipinto come idealista dallo stesso Paul, riconosce l’ingiustizia che la società ha nei suoi confronti.
I cambiamenti della giurisprudenza avvengono sulla base di mutamenti avvenuti nella società: come facciamo ad accorgerci che il mondo è cambiato se seguiamo solo le regole che sono già scritte, ormai obsolete?
Ed infatti la battaglia legale che Rudy e Paul dovranno intraprendere per tutelare Marco, li vedrà spesso impegnati a difendersi da odiosi concetti omofobi (verranno tacciati di condurre uno “stile di vita immorale”). La legge, in questo caso, non si occupa del bene del ragazzo, che ha invece compreso perfettamente quanto il concetto di “casa” non sia rappresentato dalla madre biologica, ma da Rudy e Paul.
Se pensiamo che il film si svolge nel 1979, siamo di fronte ad un tema più che mai attuale: Rudy e Paul non smettono di difendere i loro diritti.
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