Lungo e burrascoso è stato il confronto prevalentemente filosofico tra spirito e corpo, tra il dualismo immaginato da Platone e definito da Cartesio e la reductio ad unum di Hegel, poi pienamente definita dalla fenomenologia di Husserl, di Heidegger, di Sartre.
I greci non avevano nemmeno una parola per definire il corpo animato ma solo per quello inanimato, cadaverico, soma, mentre i filosofi presocratici si sforzavano di trovare l’elemento vivificatore comune, l’aria, il fuoco, l’apeiron, la materia alla base di tutte le materie.
Da tanti nobili studiosi, con una discesa che ha del portentoso, dalla rivalutazione dell’uomo come elemento unico base di tutte le sensazioni, dalla analisi degli effetti e delle concause, dal portentoso inconscio di Freud siamo giunti all’osservazione minuziosa e morbosa degli atteggiamenti giornalieri, minuto per minuto, di persone chiuse in una gabbia, che si esprimono tra di loro o da sole, in bagno, a letto, in salotto, come l’istinto le porta ad agire.
Abbiamo abbandonato l’anima per il dito nel naso, per il ferro da stiro, per la grattata del sedere, per il succhiotto sul collo, elementi questi che vengono catapultati nella società tramite internet e la televisione come vitali, fondamentali e nevralgici.
La fenomenologia è la fenomenologia della miseria umana: a questo è giunta l’analisi al microscopio dell’uomo e della donna, ove il corpo non è il percettore delle sensazioni ma il tessuto sul quale incidere schifezze, il metro della mascolinità o della femminilità e la psiche, l’anima, la coscienza sono stati sostituiti dalla paraculaggine e dal successo mediatico.
Non esiste più il “cogito ergo sum” ma solo l’ “appaio ergo sum” o “mi spoglio ergo sum” o peggio ancora il “ti frego ergo sum” come massima espressione della partecipazione attiva alla società capitalistica della nuova sinistra e comunque della nuova politica, quella che utilizza i media per le cosiddette ospitate, espressione meschina per indicare che ogni due per tre ci troviamo Renzi o qualche capobastone in prima serata che ci spiega come si deve pensare, come ci si evolve e come si amministra una nazione.
Il corpo, quell’elemento nobile che ha la caratteristica primaria di essere noi e fuori di noi, di rappresentarci e di connetterci con l’esterno, da elemento che ci consente di “esserci” nel mondo, nella storia, è oggi l’insieme di parti che singolarmente vengono utilizzate per la propria riconoscibilità: la bocca, il sedere, le gambe, ovviamente i seni. Non c’è stato un passaggio lento e simbolico, ma una caduta precipitosa verso quel corpo “morseillé” diceva Lacan, a pezzi che illustra quel poco che significhiamo in un ambiente che non ha più cultura.
Michele Lo Foco
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