Quando all’orizzonte è comparsa la sagoma minacciosa dell’intelligenza artificiale, i primi a sentirsi in pericolo sono stati gli autori. Infatti se è vero che inserendo nel computer il tema che si vuole sviluppare dopo poco esce una relazione approfondita, vuol dire che non c’è bisogno di persone e di talento ma basta spingere un tasto.
L’ avvisaglia di questo genere di automatismo si è già avvertita nel campo del doppiaggio, quando qualche società ha cominciato ad usare voci sintetiche e automatiche per sostituire i doppiatori. È evidentemente un lavoro non raffinato, ma comunque è una prima forma concreta di automatismo, che, dicono alcuni futurologi può portare alla clonazione delle voci più famose da utilizzare senza l’attore.
Ma la domanda sorge spontanea: se spingendo un tasto ottengo un elaborato, un soggetto, un trattamento o un articolo che è frutto del lavoro di una macchina, i diritti di chi sono, o meglio, chi cede i diritti d’autore di quel testo che è uscito da una stampante?
Potrebbe succedere anche qualcosa di più complicato: se un giornalista invece di scrivere un articolo lo ordinasse al suo computer e poi si limitasse a rifinirlo, dichiarando però di esserne l’autore, come potrebbe emergere questa mistificazione?
Non v’è dubbio che l’intelligenza artificiale non è altro che la capacità di una macchina nella quale sono stati immessi milioni di dati, di assemblare i riferimenti all’argomento richiesto compiendo una specie di montaggio, sulla scorta del lavoro che i professionisti del montaggio effettuano nel cinema e nell’ audiovisivo. Ma mentre questi ultimi lavorano su un materiale limitato e realizzato appositamente e creativamente da un regista, l’IA non deve rispettare limiti perché non ne ha, né deve lavorare su un materiale creato strumentalmente, ma può utilizzare qualunque dato sia già al suo interno, mescolando concetti e parole secondo l’input che le viene commissionato. Si crea in questo modo un testo che, pur tratto da altri, può avere una sua originalità, elemento che, come tutti sanno, può essere la base di un nuovo diritto d’autore. E se anche nel corpo del testo fosse possibile reperire frasi, parole o concetti attribuibili a specifici autori, non v’è dubbio che le difficoltà “legali” di chi volesse difendere il proprio diritto d’autore sarebbero quasi insormontabili.
Vanno pertanto esaminati i rimedi ad una situazione che basandosi sulle evoluzioni tecnologiche non è arrestabile, come non lo furono la scrittura, i caratteri mobili, internet e i social.
Certamente potrebbe essere utilizzata la semplice dichiarazione: “elaborato tramite IA” o “non elaborato tramite IA” come già per esempio precisa Isicult (Isicult Istituto Italiano Per L'Industria Culturale) nelle sue analisi.
Potrebbe poi essere attenuata la responsabilità dell’automatismo invitando chiunque riconoscesse nel testo un proprio concetto a dichiararlo, per poi raggiungere un minimo compromesso economico.
In assenza di qualunque dichiarazione, è evidente che un testo tratto dalla IA aumenterebbe la diffidenza di chi volesse acquisire i diritti, per esempio una rete televisiva, o un giornale, su quel testo, perché si esporrebbe al rischio di denunce o di diffide motivate. Tale rischio potrebbe essere “assicurato”, ma anche in questo caso l’assicurazione, pur elastica, non avrebbe la possibilità di calcolare i propri margini di tranquillità.
In ogni caso il testo elaborato dalla IA, anche se commissionato ad un autore che lo perfezioni, e pur ceduto da lui ad una rete o ad un giornale, sarebbe più o meno una “res nullius” di difficile identificazione, salvo forse con un numero, una sigla e una data in una forma di registrazione. Se questi sono i disagi della tecnica, vanno valutati anche i pregi, che sono la velocità di elaborazione, la vastità del materiale lavorato e l’internazionalità degli elementi. Infatti così come i caratteri mobili moltiplicarono a dismisura la pubblicazione dei testi, creando fenomeni sociali e religiosi, l’IA potrebbe abbreviare i tempi di elaborazione e consentire lavorazioni multiple, probabilmente di non eccelsa qualità, per ora, ma forse un giorno anche di buon livello. Non penso pertanto che la tecnica sostituirà gli autori, perché la capacità di pensare rimane una caratteristica esclusivamente umana, ma che potrà sostituire quelli che autori non sono o che si definiscono tali, in quanto il testo elaborato dalla IA sarà comunque meglio di uno modesto. Il futuro ci insegnerà come identificare in modo corretto i testi automatici e come inserirli “pacificamente” nel contesto lavorativo, fermo restando che si creerà anche una giurisprudenza specifica sulla materia.
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