In “HIGH WALL” (La muraglia delle tenebre, 1947), un reduce di guerra è indotto da gravi ragioni a sospettare che la moglie lo tradisca. Durante un litigio con la consorte viene colto da uno svenimento. Quando riprende i sensi, la trova morta accanto a sé. Convinto d’averla uccisa, vuol occultare il suo delitto.
Dall’omonimo romanzo di Alan R. Clark e Bradbury Foote, allestito anche a teatro, un classico tra i drammi noir del periodo, incisivo, costruito tra ambienti chiusi, con ombre e strade notturne battute dalla pioggia, indici del pericolo incombente. C’è tanto di psicanalisi e i personaggi, con Robert Taylor nei panni del reduce e la Totter in quelli di una giovane dottoressa, appaiono conformi alla dimensione di un racconto imperniato sull’interrogativo pressoché continuo.