Giorgio Molteni è un ligure di Loano (SV). Dopo la Laurea in sociologia si dedica al cinema dirigendo dal 1981 film, serie televisive, documentari e spot pubblicitari. Il suo esordio alla regia avviene con il TV movie “Un Gusto Molto Particolare“ (Rai / RSP 1982); tra le altre sue opere citiamo “Aurelia” (1987) che fu in concorso al festival di Berlino e vinse nello stesso anno il Premio Giuria Giovani Festival di Locarno e “Oggetti Smarriti” premio ANEC AWARD Festival di Giffoni 2011.
Giorgio Molteni è un alchimista del cinema, nel senso che ha sempre avuto un approccio pragmatico ed allo stesso tempo, oseremmo dire, quasi spirituale. Un mestiere materico più che una scienza astratta, qualcosa che attiene più alla passione che alla professione. Come un alchimista “solve et coagula“. Dissolve le difficoltà , le tensioni e le forzature che spesso imbrigliano la creatività sul set ed allo stesso tempo compone, annoda e contempera le posizioni di tutti coloro che sono implicati nella produzione. Sì perché la regia non è una scienza esatta e la materia con cui si ha a che fare non è il freddo metallo, ma l’incandescente animo umano. Lo abbiamo incontrato reduce dalla trasmissione di Marzullo ed abbiamo raccolto alcune sue impressioni sugli ultimi suoi lavori.
MMM: Hai recentemente fatto due film molto diversi tra loro: “Bologna 2 Agosto” e “Come ti Vorrei”. Che relazione c’è tra i due film?
GM: nessuna, tranne il fatto che sono due film arrivati quasi allo stesso modo, due film già in cantiere, dove le produzioni (Telecomp Planet Film Production per Bologna 2 Agosto ed Excelsior Cinematografica per “Come Ti Vorrei” ndr) , per ragioni varie, si sono rivolte a me per condurre in porto i progetti. Comunque, due budget differenti, ma l’approccio produttivo simile. Serviva qualcuno in grado di guidare due realtà produttive molto complicate, delicate, controverse. Due sfide, insomma. Un “leitmotiv” che mi accompagna in quasi tutte le mie esperienze di cinema, televisione a parte. Ma queste due in particolar modo.
MMM: Parlaci dunque di queste due sfide
GM: La prima perché era un film di impegno civile: raccontare per la prima volta in chiave cinematografica la terribile vicenda della strage alla stazione di Bologna del 1980. Il primo e unico film lungometraggio di finzione che abbia avuto il coraggio di cimentarsi in meandri contorti e bui di una vicenda italiana sporca, devastante, insidiosa, delicata, politica? Un film che si è rivelato un campo minato, tanto che si è dovuto ricorrere a nomi di fantasia per poi ricucire il tutto con i materiali di repertorio pagati profumatamente alla Rai.
MMM: E l’altro?
GM: Il secondo perché, anche lì, per la prima volta una storia di finzione cinematografica ha avuto l’ardire di far uscire allo scoperto alcuni lati oscuri della coppia tradizionale, quella che ha giurato fedeltà assoluta davanti a Dio e davanti agli uomini. Per poi sistemare in proprio, in modo artigianale ed improvvisato, le cose che in un rapporto di coppia, a lungo andare, non funzionano.
In questo secondo film, “Come Ti Vorrei”, l’atteggiamento di sfida è andato ad incrociarsi con un altro approccio: un grido di rabbia, una provocazione mia nei confronti del cinema di regime, del cinema preconfenzionato dalle due realtà che dominano in Italia il cinema e lo pilotano a loro immagine e somiglianza.
MMM: A chi ti riferisci in particolare?
Leggi Rai e Mediaset. Manca in questo Paese il dato di spinta che porta a diversificare e rinnovare la produzione cinematografica, la voglia di rischiare nuove vie, nuovi percorsi per fare uscire il nostro prodotto dal confine ridicolo che ci siamo cuciti addosso: un confine geograficamente piccolo, ma anche cinematograficamente piccolo.
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