Diversamente dal solito, spendo una parola benevola per il Festival di Venezia. I luoghi si sono rinnovati dopo lunghi anni di disastro ambientale, e se gli alberghi, l’Excelsior e il De bain fossero rimessi a nuovo probabilmente il Lido potrebbe aspirare ad una nuova vita cinematografica, visto che sotto il profilo vacanziero mi sembra non ci siano grandi novità.

Il sonnecchiante ritmo dei luoghi non è più coerente con le esigenze di una società che vuole o divertirsi o avere un mare meraviglioso, ed i prezzi rimangono troppo alti per i giovani.
La decadente spiaggia, perfetta per i bambini, è certamente fuori moda, con i suoi casotti lussuosi a prezzi da capogiro.

Il Festival invece ha ripreso fiato, c’è gente, movimento, un movimento per lo più vuoto di contenuti, ma almeno vivace. Gli attori volentieri si riposano a Venezia, soprattutto quelli stranieri, con un nome famoso ma ormai fuori giro nelle produzioni americane.
Noi siamo un po’ come la serie b del cinema, ci emozioniamo ancora per Robert Redford, ottantenne, rimpicciolito e rugoso, che ci sembra sempre un eroe.

Le attrici di casa nostra fanno un bagno di folla, camminano sempre seminude sul tappeto rosso, anche quelle che potrebbero tranquillamente coprirsi, ma l’importante è che abbiano almeno una scena in un film o in un documentario. Esserci è vitale!
Sembra, riporto il giudizio dei tanti cinefili che ho incontrato, che i film siano meno clamorosi ma di buon livello, nonostante la nostra industria sia palesemente in panne. Speriamo, perché i numeri continuano ad essere molto negativi. La presenza al Festival di Venezia è comunque un importante riconoscimento da spendere con i distributori, all’estero, sui giornali. Inoltre, la nuova legge valorizza la qualità e c’è da giurarci che saranno tutti molto attenti alle vetrine festivaliere per bilanciare i modesti incassi cinematografici, visto che ormai i potenti del settore sognano solo la televisione e la fiction.
In definitiva, ed è un bel happy ending, si torna da Venezia, che è l’immensa bellezza del mondo, con un sorriso, e non, come al solito, con una smorfia di dolore.
Michele Lo Foco