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LA CRISI DELLE EDICOLE, LA DISFATTA DELLE VIDEOTECHE.

Diminuiscono le copie dei quotidiani in edicola e l’allarme è sempre più pronunciato e denunciato sulla perdita di un settore così importante come “il chiosco” che mantiene viva l’attenzione, dalla politica al gossip, dall’economia alla cultura; qui mi soffermo.

Un’altro settore è quasi scomparso “la videoteca” ….ma nessuno se ne è accorto, pochi ne hanno parlato, un indotto per le case di produzione cinematografiche e non solo, enorme; migliaia di punti vendita che offrivano in maniera democratica, oserei dire anarchica, la possibilità di scegliere quella che è stata definita settima arte: il cinema, declinato in tutte le sue sfaccettature, dai grandi classici ai documentari, con in mezzo oserei dire un mondo, e pensare che faceva parte fino a 2 anni fa del “paniere” ISTAT.

Purtroppo non ha mai avuto un sindacato, che dava voce come nelle edicole, lanciando il grido di aiuto come stanno facendo ora.

Nate (le videoteche) per colmare un vuoto che davano le televisioni con i loro palinsesti.

Dettando regole che non sono state ancora capite oggi!  O forse facciamo finta di non capirlo: il motivo di ciò a volte “raccomandato” dalla politica o al mero interesse, come accade in Italia, anche per tanti altri settori.

Ma avevano colpito nel segno, lasciando scegliere al cliente quello che voleva vedere, all’ora più consona al suo tempo libero e senza la coercizione della pubblicità.

La libertà di scegliere (come nelle edicole), quello che sentivi più vicino a Te o quello che volevi scoprire: un parallelismo con l’informazione, scelgo (dunque sono) quello che mi appassiona, più vicino alle mie idee, oppure proprio perché distanti da loro, da approfondire.

Poi, negli anni 90 arrivarono gli americani con la mastodontica catena “Blockbuster”, imponendo le loro idee e modi di fare, lontani dal nostro modo di essere, sia come approccio culturale che come dimensione morfologica (da noi non ci sono distanze chilometriche da un paese all’altro) i punti vendita di zona o quartiere, soddisfavano appieno il servizio che offrivano, i distributori automatici coprivano le ore notturne…. E le scelte più disparate.

Questa esportazione di democrazia americana, che usano non solo in questo caso ma anche in quello bellico, a dato inizio alla fine del settore, appunto imponendo scelte “non autoctone”, ma solo volte al business che cozza con la citata settima arte, chiamata anche cultura!

E via alla scomparsa di posti di lavoro, piccole attività che davano reddito a famiglie o aziende più strutturate che non potevano fare fronte ad investimenti da multinazionali, che attuavano già il lavoro precario come welfare a quegli studenti che avevano bisogno di guadagnare o arrotondare la “paghetta” dei genitori, tutto questo in maniera sottopagata, alla maniera delle catene di fast food (sempre americane), a svantaggio delle piccole botteghe che avevano dei doveri da assolvere con lo stato italiano, non potendo avere la sede come le varie multinazionali, in paradisi fiscali.

Blockbuster oggi si chiama Netflix, come il digital dell’informazione si chiama, uno per tutti, Google.

E la storia si ripete, lasceremo in mano l’informazione e la cultura alle grandi multinazionali che fanno utili immensi, pagando tasse irrisorie o saremo capaci, con l’aiuto dei nostri governanti a dare una regolamentazione, con grano salis, a tutto ciò che abbiamo già detto per questi due settori, e non solo??

Conosce ed acculturarsi apre la mente, sarà per questo che devono chiudere, sia le edicole che le videoteche?

Giovanni De Santis

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