Arriva nelle sale cinematografiche il prossimo 3 novembre “la pelle dell’orso”, un film di Marco Segato con Marco Paolini, Leonardo Mason e Lucia Mascino.
Tratto dal romanzo di Matteo Righetto, il film è ambientato negli anni Cinquanta in un piccolo paese delle Dolomiti in cui vivono Pietro e Domenico, padre e figlio, legati da un rapporto alquanto complesso e scostante a causa del carattere scontroso del padre e da segreti per troppo tempo tenuti nascosti a Domenico, che verranno svelati nel corso della storia.
Una notte ricompare il “diaol”, un orso bruno che già in passato ha seminato il terrore nel paese; Pietro sfiderà se stesso e i compaesani decidendo di salire in montagna ad uccidere l’orso, in cambio di una ricompensa; Domenico seguirà il padre in un’avventura che porterà dei cambiamenti nelle loro vite.
Oltre ai personaggi principali, le Dolomiti si offrono come co-protagonista essenziale del film: montagne aspre e magnifiche, vette vertiginose, strapiombi e la calma inquitante della notte, con i rumori degli animali e del vento.
Molto curati i costumi e la scenografia nel rappresentare la vita tra le valli nel dopoguerra: chiunque abbia avuto origini rurali o abbia potuto ascoltare i racconti dei nonni, non potrà che commuoversi nel rivedere gli strumenti della quotidianità domestica, della vita nei campi e dell’allevamento del bestiame.
Ciò che lascia perplessi del film è la rappresentazione dell’orso come figura soprannaturale, la grande belva da distruggere per diventare adulti (nel caso, chiaramente, di Domenico).
A parte gli evidenti errori nel descrivere alcune abitudini dell’orso, il limite del film è proprio quello di non riuscire a rappresentare un orso che possa incarnare le paure ancestrali.
Lo spettatore avrà la sensazione di un animale, perfettamente inserito nel proprio eco-sistema, che non è interessato ad attaccare l’uomo (negli ultimi duecento anni non vi sono notizie di orsi che abbiano ucciso esseri umani in Italia), ma solo a fare ciò che sa fare al meglio, e cioè l’orso.
Peraltro l’orso bruno del film, un esemplare maestoso dal pelo lucidissimo, ci ricorda che già negli anni Cinquanta questi animali erano pressochè estinti e che oggi la nostra attenzione va posta alla loro salvaguardia, più che ad una demonizzazione superstiziosa.
Sabrina Dolcini
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