Skip to content

Napoli velata

Napoli velata è il dodicesimo film di Ferzan Özpetek, regista turco trapiantato in Italia, che esordì grazie a Marco Risi nel 1997 con Il bagno turco, dopo una gavetta come assistente e aiuto regia con Troisi, Ponzi, Ricky Tognazzi, Citti e Nuti.

Zeppo di citazioni, dal De Palma museale/hitchcockiano di Vestito per uccidere al thrilling italiano alla Dario Argento, con un cast sontuoso e numerosi camei di una pletora di personaggi non sempre ben definiti (tra cui ci piace ricordare Maria Luisa Santella, la pettoruta meretrice Iside di Brutti, sporchi e cattivi), il film ripropone come in altre opere di Özpetek (Cuore sacro, Magnifica presenza) il rovello del fantastico e delle figure sovrannaturali; in questo caso l’idea portante del film sembra essere molto simile a quella del Sergio Citti (con cui Özpetek lavorò in Mortacci, film strettamente legato a Magnifica presenza) di Verdeluna, surreale dolcissimo episodio di Sogni e bisogni. Il regista romano mi raccontò che la stessa idea a sessi opposti era stata raccontata a Roberto Russo per Flirt (1983), anche se il regista romano epigono di Pasolini non appare nei credits.

Il film di Özpetek racconta di una passione tra una anatomo patologa apparentemente algida (una Vittoria Mezzogiorno fin troppo distaccata) e un giovane tenebroso (Alessandro Borghi ha a che fare ancora con gli occhi come in The place, e alla lontana cita il Fassbender di Shame), che ricomparirà in sembianze apparenti (?!), in una Napoli zeppa di barocco e simbolismi che il titolo già presenta ambigua, sfaccettata, incomprensibile, piena di storia e di misteri lungi dal risolversi, su tutti quello della morte, insondabile per eccellenza. L’incidente scatenante della sceneggiatura, durante un’autopsia, innesca una suspicion che sfocia in un finale volutamente aperto o forse irrisolto o troppo complesso? Il dubbio si innesca dal titolo stesso: come leit motive Özpetek sceglie di lasciare allo spettatore la libera interpretazione dei destini incrociati dei personaggi, legati da un fil rouge di sottintesi, di parole non dette, di personalità sfuggenti. E c’è un discorso stratificato sullo sguardo, da quello pletorico bulimico che si nutre della città, agli occhi stessi del protagonista: “l’occhio che uccide” registico con furore medioevale li estirpa dalle orbite come nella leggenda che ammanta lo scultore del Cristo velato, Giuseppe Sanmartino, o come Santa Lucia si priva lui stesso di uno sguardo di luce piena, come se la verità si rivelasse solo attraverso i filtri di ciò che non si vede. Si potrebbe anche azzardare che il regista riprende la lectio magistralis dello zoom sul reale dell’Antonioni di Blow up, dove l’arte deve arrendersi alla sua finzione.

Özpetek riversa su quella che un tempo si chiamava pellicola un magma di significanti che apre a molteplici interpretazioni e letture. È questo l’aspetto più interessante del film o, antiteticamente, quello meno riuscito che incanta lo spettatore, fino al momento fatale del disincanto, dove potrebbe scapparci – cinefilia a parte – la delusione finale.

Gaetano Gentile

No comment yet, add your voice below!


Add a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

autobiography - il ragazzo e il generale

Al cinema dal 4 Aprile

Rakib, un giovane ragazzo indonesiano, diventa assistente di Purna, ex generale del regime in pensione. Quando Purna inizia una campagna elettorale per essere eletto sindaco, Rakib si lega all’uomo, diventato per lui mentore e figura paterna. Un giorno, però, un manifesto elettorale di Purna viene trovato vandalizzato: un gesto che avrà conseguenze inimmaginabili per entrambi.
Con un ritratto intimo di due generazioni che vivono sotto lo stesso tetto, il regista Makbul Mubarak ripercorre un doloroso periodo storico della sua nazione con un thriller intenso, che presenta forti risonanze con la contemporaneità ed una forte universalità del tema della lealtà e della vicinanza al potere.

i film per non dimenticare

27 Gennaio 2024

In occasione del Giorno della Memoria (27 gennaio) ci sembra opportuno segnalarvi una selezione di film nel nostro catalogo che sono stati fondamentali nel racconto di ciò che è successo durante gli anni della dittatura nazista: dai film di propaganda ai documentari, dalle prime opere realizzate nella Germania Est al cinema hollywoodiano, per conoscere il ruolo fondamentale della settima arte nella storia, nonché importante strumento di conoscenza. 

Nelle sezione “Guerra” sul nostro sito potrete quindi trovare capolavori come “I figli di Hitler”, un’aspra critica del regista Edward Dmytryk sull’educazione hitleriana, al vincitore del Festival di Locarno “Rotation” e il film perduto della propaganda nazista “Das Ghetto”.

Le muse impenitenti

L’associazione e compagnia teatrale le Muse Impenitenti, Marinetta Martucci e Arianna Villamaina, due attrici potentine, tornano a calcare il palcoscenico con una nuova esilarante ed originalissima commedia: Come lo zucchero per il caffè – ‘‘O Teatro è ‘o paese d’ ’o vero. Una commedia divertente e con performance di danza fuori le righe, che ci trasporta in un musical vero e proprio per poi allietare il pubblico con una sorpresa golosa. Lo spettacolo è un contenitore di arte a tutti gli effetti ed è un inno alle mille sfaccettature che in essa sopravvivono.