La bellezza e la peculiarità di alcuni scifi si vede dalla capacità di creare nuovi mondi, universi governati da leggi mai viste prima, questo è il caso di Frequencies che fa di questo il suo punto di forza. In un futuro distopico la capacità di riuscire nella vita è già determinata in giovane età in base ad una frequenza personale, ci saranno soggetti ai quali gli eventi saranno sempre a favore e ce ne saranno altri destinati al fallimento. Quando Zak e Marie si avvicinano la natura si ribella poiché hanno frequenze e personalità opposte.
Interessante pellicola immersa nel romance e nella fantascienza, fantasia più che scienza, storia di un amore impossibile in una struttura cervellotica ad esplicazioni sommesse. Lo stile della messa in scena e l’argomentazione ricorda la serie inglese Black Mirror ma qui non si parla di tecnologia si cerca piuttosto di spiegare alcune dinamiche reali attraverso un impianto fantascientifico metaforico non basato su concetti realmente scientifici. La storia del film è raccontata da diverse prospettive, viaggiando avanti e indietro nel tempo attraverso i personaggi, costellata di spiegoni che talvolta possono leggermente appesantire il ritmo ma necessari poiché volti al soddisfacimento dello spettatore assetato di conoscere le leggi che governano questo mondo alter-nativo.
questo film è un piccolo gioiello, fotografia pulita e fredda che varia al momento giusto, montaggio interessante sia dal punto di vista temporale che esplicativo e attori nella media. Il regista si fionda su più generi intersecandoli in maniera piuttosto originale o comunque rara, ragionando per metafore, citando anche Kubrick qua e là, fino a sublimare in un finale a basi filosofiche da rivedere più volte poiché forse troppo ermetico.
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