Sole Cuore Amore è un film semplice, essenziale, che va dritto al cuore. Lo fa seguendo con la macchina da presa, quasi pedinando, Eli e Vale, due amiche le cui vite si incrociano raramente perché Eli, per racimolare 700 euro al mese in un bar di Roma è costretta a partire all’alba e quando torna, la sera tardi, è stanca morta e ha quattro figli da mettere a letto; mentre Vale, che è una performer, sbarca il lunario nelle discoteche e va a dormire quando Eli si alza. Daniele Vicari ne racconta l’esistenza giorno dopo giorno, attraverso le delusioni, le piccole speranze, la fatica, soprattutto la fatica. Tutto qui? Sì, cioè no. Perché Eli e Vale, così lontane in apparenza, sono in realtà due facce della stessa medaglia, persone per bene schiacciate dall’insensibilità della vita, donne che chiedono poco (Sole Cuore Amore, ovvero: un po’ di serenità, il calore della famiglia, il sorriso di chi hanno di fronte) e per questo poco devono lottare strenuamente. Due donne che fanno del loro meglio, e questo meglio non basta.
Come apparente è l’esilità degli eventi, altrettanto lo è la semplicità del film. Perché è una semplicità cercata e conquistata. Arrivato al suo quinto lungometraggio, Daniele Vicari ha la capacità, da ascrivere alla grande tradizione del cinema italiano di impegno sociale degli anni 70, di scegliere prima il personaggio e poi la storia. Di studiarselo nei minimi particolari, nella backstory, nei comportamenti, nelle implicazioni psicologiche, di mettergli in mano pessime carte ma di amarlo per ciò che è, nei punti di forza e nei limiti. E poi di farsi guidare da lui nel corso degli eventi, attraverso le sue scelte. Sole Cuore Amore non è un film di regia “tecnica” (pochi fronzoli, pochi virtuosismi nelle inquadrature) ma lo è nella drammaturgia, nella mise en scène: le scene sono intense, vere, spesso emozionanti. Tutto questo grazie a un attento lavoro sugli attori, su cui spiccano la sempre più brava Isabella Ragonese e un sorprendente Francesco Acquaroli, credibilissimo nel ruolo del datore di lavoro di Eli.
Luigi Sardiello
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