Dall’inconscio della nazione sorgerà un altro Mostro.
Non è il governo di oggi. È molto peggio. L’industria del cinema ci sta girando intorno: il futuro non è Andreotti in Sorrentino, non è Berlinguer in Veltroni, non è Berlusconi in Sorrentino, non è nessuna egemonia della Sinistra – basta vedere The Square, per capire che è un’egemonia molle, inter nos – e non è nemmeno la “Destra Sublime” di Pasolini, la più improbabile di tutte le destre.
No: l’industria del cinema ha interpretato il desiderio popolare di un Duce. Basta che non uccida il cane di una signora goffa – si capisce che il cane Filippo è il suo unico amore – e tutto sarà sopportato. Tutto significa proprio tutto. L’Italia vuole questo Duce; l’Italia dei nuovi italiani regolarizzati e onesti potrebbe anche appoggiarlo, perché garantirebbe la loro regolarità, come nuovi italiani; l’Italia dei giovani senza storia non sa di volerlo, ma se viene se lo prende. E solo la nonna può rispondere a Mussolini, ma è troppo anziana: può solo ricordare e ordinare l’uscita del farabutto dalla sua casa.
L’unica soluzione è la memoria degli ebrei. Ma il nuovo Duce non avrà nulla contro gli ebrei: si guarderà bene dal toccarli di nuovo. La sapienza e la resistenza degli ebrei non saranno più minacciate. L’antisemitismo è roba da maniaci, mentre il nuovo Duce praticherà un razzismo diverso, e non sarà un razzismo antisemita.
All’inizio di Sono tornato parla una ragazza assurda che dice: quando avrò il culo flaccido farò la moglie e la mantenuta. È come all’inizio di Quando c’era Berlinguer di Veltroni: parlano i giovani dell’Italia piana, per dimostrare a Veltroni che non c’è più memoria, e così Berlinguer è morto per sempre, come una reliquia rispettabile: come Scalfari che parla dalla sua terrazza romana. Anche alla fine di Belluscone di Maresco c’è un’apparizione di gente senza storia. Si vede che è un po’ un vezzo di noi intellettuali: far vedere che il popolo non conosce la storia. Ma il popolo vuole stare tranquillo e organizzarsi il presente, quindi la storia non conta.
La storia è un disturbo, e per noi intellettuali – diciamo la verità – è solo un interesse da curiosi. Il cinema non è poesia a tiratura limitata, pagata dall’autore. No: è fantasia industriale, fatta da professionisti. Per questo è un’arte un po’ ambigua, per statuto. È un’industria dura e un po’ impura, che manda in giro quattrocento copie di Sono tornato. La produzione e la distribuzione impegnano troppo denaro per cadere nella tiratura limitata del lirico. Basta che ci sia lo sponsor giusto e il film nasce: con uno sponsor un po’ più grosso, la Destra Non Sublime torna. Quanto a me, io vorrei come duce Edoardo Testori, il padre di Giovanni, quello che ordinò al figlio di chiedere perdono agli operai, dopo aver detto “io sono il figlio del padrone”. Ma di questo ritorno non vi è certezza, né traccia. Il cinema non ve lo farà mai sognare.
Non conviene: Edoardo Testori è troppo serio per la realtà. Edoardo Testori è troppo vero per essere bello, e nessuno lo vuole più. E il Caimano di Moretti, visto dopo anni – e “Micromega” fece uscire un fascicolo che si intitolava La primavera e anche FORZA NANNI? Invece non è un film politico. Strano non averlo capito allora. Ci sono due cose da dire. Prima cosa. Il centro del film non è Berlusconi.
Tre attori lo interpretano e solo uno gli assomiglia veramente, ma non è il migliore dei tre. Il più improbabile è Michele Placido: ostenta l’accento pugliese e bestemmia un po’ il nome di Gian Maria Volonté, come una caricatura dell’engagement. Il più credibile è Nanni Moretti, anche con la barba. Nel film ci sono i camei originali. Ecco: se parla l’Originale, i camei sono più cinema del cinema. Quello che disse Silvio Originale il 2 luglio 2003 al Parlamento Europeo è scritto da una regìa superiore a quella di Moretti. Le facce di Fini e di Buttiglione, insieme all’Originale, sono maschere larvali. Sono maschere di larve. E i tre attori non possono imitare lo scempio del 2 luglio 2003. Anche perché non era immaginabile. Uno Shakespeare disperato e lacero-contuso ha scritto questa scena; un automa in stile Carmelo Bene l’ha interpretata; due macchine attoriali, mute, l’hanno decorata bene. E ora? Come si imita questo scempio dell’arte, che è l’Arte? Non si imita. Popolizio imita bene Mussolini in Sono tornato, come Oliver Masucci è stato un perfetto Hitler in Lui è tornato. Il fatto è questo: Mussolini, che è un mostro come Hitler, non è un mostro variabile. Se c’è un dato di fatto dei due Duci è la coerenza. Per questo non è impossibile imitarli bene.
E così Volonté ha clonato Moro in Todo modo, ma nemmeno Moro è ambiguo: il suo rigore è proverbiale. Il punto è che un artista dell’imitazione va in crisi quando si tratta di imitare l’assoluto dell’ambiguità fuori controllo. Così Silvio Originale è irraggiungibile. Questi appunti sono indicativi e certi solo oggi. Cederanno quando qualcuno – un giorno – rifarà perfettamente Silvio Originale. Forse sarà possibile solo quando l’Originale non apparirà più: quando sarà impossibile che ogni giorno sia un’arena in cui fare e dire qualsiasi cosa. Quando l’arena sarà chiusa, e l’incoerenza ridotta al passato – e non ripetibile – forse l’arena sarà imitabile. In quel momento Silvio non sarà più Originale, ma assomiglierà a Hitler, Mussolini e Moro, nei rispettivi film: si potrà selezionare qualche aspetto, tralasciare qualcosa, esaltare un dato. Sembrerà anche un’arte sincera. E invece no: sarà una mistificazione, fatta bene; potrà avere anche qualche ambizione di onestà. Sarà troppo facile, allora, imitare Silvio. Invece no: la dittatura di Berlusconi è quella di chi è – ogni giorno – fuori controllo, come il 2 luglio 2003. Sì, va bene tutto, ma ora sto dicendo che Berlusconi Originale è un performer soggetto alle variabili dell’umore, dell’estro e delle dipendenze. Può essere. Meglio congedare l’idea. Cambiamo film. Seconda cosa. Alla fine, Moretti immaginava che l’inimitabilità del vero Mostro creava mostri minori; che il film della povera Teresa non si sarebbe mai fatto; e che Bonomo era perduto. Moretti deve aver intuito che senza Silvio Originale i Nostri Eroi della Fauna d’Arte diventano – come dire? – non inutili, ma superati. Imitano Berlusconi, più o meno bene.
Ma Berlusconi sarà sempre più originale, e in ogni momento sarebbe stato più imprevedibile di qualsiasi attore. La lingua scritta della realtà era più sonante nel cameo del 2 luglio che nelle fasi attoriali. Non c’è regista che tenga. Gli attori non ce la fanno. Gli attori fanno Berlusconi, e Berlusconi ridiventa un personaggio attenuato. Sì, ma l’Originale non è un tipo attenuato. E soprattutto non ha attenuanti di nessun tipo. Di qui la sua irriproducibilità, anche quando c’è Servillo ad imitarlo. Non si può imitare uno che oggi insulta Schulz e domani pianterà alberi in Sardegna. Che è massone ma “avrebbe fatto dire una messa per tutti i caduti, nella cappella privata della sua villa ad Arcore” (Enrico Deaglio, Besame mucho. Diario di un anno abbastanza crudele, 1995). Insomma: o il documentario o niente. Meglio il documentario che niente.
Massimo Sannelli
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