Sulla BBC è in onda dal 7 gennaio, su FX negli Stati Uniti dal 10 gennaio. È Taboo, la miniserie televisiva britannica in 8 puntate ideata da Tom Hardy e suo padre Chips Hardy.
Ambientato nel 1814, Taboo racconta il ritorno a Londra dell’avventuriero James Delaney, dopo molti anni in Africa, per riscuotere l’eredità del padre che non ha mai conosciuto. Ma l’impresa è tutt’altro che indolore. Creduto morto da tutti, il suo riemergere crea disagio a molte persone: Zilpha (Oona Chaplin), sorellastra di Delaney, con il quale stabilirà gradualmente un torbido e pericoloso feeling; Trono (Jefferson Hall), marito di Zilpha, sospettoso per il ritorno di Delaney; la potente Compagnia britannica delle Indie Orientali, che vuole mettere le mani su un prezioso terreno di proprietà del padre; e soprattutto c’è di mezzo il misterioso passato del padre, assassinato non si sa da chi e perché. Ben presto nascerà uno scontro a tutto campo tra il giovane Delaney e i biechi affaristi, scontro non solo commerciale ma anche politico e culturale.
Su questa attesissima miniserie si addensano luci e ombre. Hardy giganteggia, confermando lo stato di grazia che lo sta consacrando uno dei migliori esponenti della mai deludente wawe attoriale britannica. Costumi e ricostruzione storica sono all’altezza, la cura dei dettagli assoluta. Eppure tutto questo non basta. La storia, soprattutto in queste puntate iniziali, è farraginosa e non all’altezza delle immagini. I dialoghi sono spesso meccanici e autoreferenziali, il che toglie verità e forza ai personaggi.
Forse esagera Variety quando scrive: «Taboo si impegna troppo a vendere al pubblico un’interpretazione seriosa, ma fallisce ogni tentativo di offrire alcuna sostanza». Ma è certo che Taboo deve darci nelle prossime puntate qualcosa di più corposo e coerente, se il grande Tom Hardy vuole vincere anche la sua scommessa produttiva.
Luigi Sardiello
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