Protagonisti del cinema italiano: il professor Giuliano Urbani

In Italia la divulgazione delle informazioni e pertanto la creazione delle opinioni, quella che in altri termini si chiama persuasione, transita tramite giornali, televisione e meccanismi strumentali, quali incarichi, presidenze e quant’altro. Con questi sistemi persone di nessun valore, di nessuna capacità, o di normali attitudini, riescono a creare a loro vantaggio la memoria di “buon operato” o di “rinnovo delle strutture” o di “intervento atteso da tempo”.

Urbani in Parlamento

Chi invece non ha mai usato la “persuasione” quale mezzo per crearsi una fama positiva, passa nel dimenticatoio sociale. È il caso del Prof. Urbani, sicuramente il miglior ministro che il nostro paese abbia avuto negli ultimi vent’anni in ambito culturale. Giuliano Urbani, con semplicità e senza forzare i tempi, ha intuito quali erano i difetti e i disagi del mondo dello spettacolo ed è intervenuto con leggi di sistema che avrebbero potuto radicalmente ristrutturare il settore se poi l’oligopolio successivo non avesse provveduto a demolirne i contenuti.

Giuliano Urbani e il Presidente Carlo Azeglio Ciampi

L’introduzione del “ reference sistem”, vale a dire della valutazione delle aziende e degli operatori sulla base di dati inoppugnabili, quella del “product placement” che ha riportato l’Italia in Europa, la creazione di una Cinecittà centrale nel sistema e autorevole, la preparazione di un nuovo sistema di censura, sono solo alcuni dei tratti legislativi capaci di portare nuovi capitali e di diminuire la discrezionalità che tanto piace ai nostri dirigenti pubblici.

Urbani e Sgarbi quando erano direttori scientifici del corso VaProBAC

Il prof. Urbani era ed è un uomo di cultura e non di potere, non si è saputo pertanto difendere dalle offese gratuite e volgari di Sgarbi, né dalle infiltrazioni politiche del partito che aveva collaborato a creare, e si è ritirato silenziosamente quando ha compreso che non era più in grado di navigare in un mondo evoluto malignamente.

Giuliano Urbani e la moglie Ida Di Benedetto

E’ stato accusato di favorire Ida Di Benedetto, grande attrice, grande personalità: bene, oggi è sua moglie e se le avesse dato una mano, diciamolo con sincerità, avrebbe fatto bene!

 

Michele Lo Foco

DIECI MENO

Per colpa o merito di uno sbiadito segno anteposto ad un voto altrimenti perfetto i produttori italiani dispongono di un paracadute utilissimo come la dichiarazione di inizio lavorazioni “postuma”.
Il percorso che unisce un voto del ginnasio ad una carriera quarantennale alla Direzione Generale del Cinema del Ministero dei Beni Culturali è il viaggio appassionante e senz’altro avventuroso narrato in questo libro scritto a due mani da Francesco Ventura e Luigi Sardiello. Il primo, classe 1942, è la memoria storica nonché il volto umano della macchina ministeriale preposta all’ottava musa; il secondo è un regista, giornalista e scrittore (non necessariamente in quest’ordine) che ha raccolto gli amorevoli e nostalgici ricordi di Ventura legati al cinema italiano.

Luigi Sartdiello
Luigi Sartdiello

Un libro che ha il merito di svelare come un Ministero, anche uno di quart’ordine come a volte viene percepito il MIBACT, non sia affatto un oceano di scartoffie coperte dalla patina grigia di una routine burocratica e senz’anima, ma un laboratorio di idee e di iniziative che nonostante la burocrazia e l’attrito delle gerarchie hanno portato molte cose buone al nostro cinema, tra cui l’amato e odiato articolo 28 tenuto a battesimo proprio da Ventura. Ancor più che sul set e tra quei corridoi che si svelano le parti più intime di registi celeberrimi come Bertolucci, Moretti, Ferreri (volutamente citati in ordine rigorosamente sparso) o quasi sconosciuti, eppure importanti a loro modo, come Gianluca Di Re  o Gianni Manera (Il Cappotto Di Legno 1981).

Il regista Gianni Manera
Il regista Gianni Manera

Il volume, va detto subito, non è facile da trovare. E’ un libro corsaro edito coraggiosamente da Licosia Edizioni, che va stanato con tenace volere, ma a chi dovesse cimentarsi in tale impresa non peseranno i soli 13 euro dell’acquisto, ampiamente corrisposti da un’abbondanza di aneddoti e riflessioni, per lo più legati da uno stile asciutto e sagace, che si prestano ad infinite riletture nel tempo. Insomma è un libro che il vero cinefilo può sgualcire con tutto comodo e tenere in cima al disordine per averlo sempre a portata di mano.

dieci-meno