I cinesi si comprano il 49% di Paramount Pictures?

La prestigiosa rivista Variety ieri in questo articolo ha dato notizia di come Wanda Group (di cui abbiamo già parlato qui) sia il maggior candidato ad acquisire dalla Viacom il 49% di Paramount per una cifra che si potrebbe aggirare sui 4/5 miliardi di dollari.

Perché Viacom vuole cedere parte della Paramount? Forse qualcosa c’entra anche il semi-flop del nuovo film sulle Tartarughe Ninja (forse non un flop in Italia, ma in parecchi mercati più lucrosi si), un film costato 144 milioni dollari e co-finanziato anche da Wanda Group.

Se dovesse andare in porto questa operazione i cinesi di Wanda Group sarebbero certamente i più introdotti a Hollywood e nel ramo entertainment visto che già posseggono la catena di multi sala AMC e la casa di produzione cinematografica Legendary Entertainment.

Quel che è perlomeno curioso è un semplice dato di fatto: se da una parte gli investitori cinesi (non solo Wanda, ma ad esempio anche AliBaba) sono super interessati a Hollywood ed al cinema… dall’altro la Cina, pur essendo un potenziale enormae mercato per l’entertainment, è anche il luogo in cui nasce, cresce e prolifica la pirateria globale: moltissimi films vengono immessi sul mercato pirata con una buona qualità (indice che vengono “rippati” da DCP o master e non ripresi nelle sale con videocamere), ma si diffondono sui siti di videosharing e torrent mondiali con gli ideogrammi cinesi come sottotitoli.

Per il bene di tutti (appassionati di cinema, semplici spettatori, industria cinematografica, filmmakers etc) speriamo che, con l’arrivo di grossi investimenti Made in China, siano proprio questi stessi investitori a far leva sul loro governo (tanto ligio a censurare alcuni films) affinché reprima o tenti di reprimere perlomeno il fenomeno pirateria nel loro paese, che danneggia globalmente tutta l’industria cinematografica ed audiovisiva.

 

“10 Cloverfield Lane” il non sequel di “Cloverfield”

Uscirà il prossimo 21 aprile distribuito in Italia da Universal il nuovo film prodotto da JJ Abrams “10 Cloverfield Lane“. Il film è soltanto ispirato al celebre “Cloverfield” e non è quindi da intendersi rigidamente come un sequel.

Dan Trachtenberg
il regista Dan Trachtenberg

Il progetto che era nato in sordina, anzi quasi in incognito,  annunciato come un low budget thriller con il titolo provvisorio di “The Cellar” e mutato poi in “Valencia“, sarà un’opera prima del regista Dan Trachtenberg, originario di Philadelphia e già autore di spot commerciali oltre che collaboratore del new media designer Matt Wolf nella realizzazione del videogioco ucronico “Hellboy II – The Golden Army” ed è questa particolare esperienza del suo curriculum a far ben sperare in un tocco adeguato al genere.

M.E. WInstead e John Goodman
M.E. WInstead e John Goodman

I due protagonisti principali sono il grande John Goodman e Mary Elizabeth Winstead, la quale ha maturato una certa esperienza in film di questo tipo dopo le prove di “Final Destination 3” (2007) e “La Cosa” (2011).

BadRobotLOGONEW

La produzione è composta da un interessante terzetto che oltre alla Bad Robot di JJ Abrams ed alla Paramount, tramite la sua divisione Insurge Pictures,  conta la Spectrum Effects, ventanni di esperienza negli effetti speciali in film tra cui ricordiamo “Le cronache Di Narnia” ed “Apes Revolution – Il PIaneta Delle Scimmie”, che dopo aver visto il preventivo di spesa sarà stato più conveniente cooptare nella produzione. Da una squadra del genere è lecito avere grandi aspettative e anche se qualcosa è già trapelato dalla stampa americana, noi non vogliamo anticipare nemmeno due righe di sinossi a beneficio dei puristi che non masticano l’inglese e che vogliono sedersi al buio della sala sapendo solo che questo non è la continuazione del monster movie del 2008.

 

Si fa presto a dire Major

Carl Laemmle il promotore della Universal

Quando una casa di produzione diviene grande e piuttosto nota viene definita con un velo di ammirazione dagli addetti ai lavori e non: una Major (con la M maiuscola). Ma così come non si capisce bene quando qualche granello di sabbia inizia ad essere un mucchio di sabbia, non è altrettanto chiaro quando una società cinematografica può essere definita major e allora il termine viene utilizzato con incredibile facilità e spesso a sproposito. Innanzitutto va detto che il concetto è inscindibilmente connesso allo studio system americano (difatti major non è che la contrazione della definizione completa Major Film Studio), la cui nascita si può datare precisamente l’8 giugno del 1912 quando, grazie soprattutto all’iniziativa del produttore Carl Laemmle, venne costituita una nuova società cinematografica, la Universal Film Manufacturing Company, nel cui nome stesso traspare un’ambizione smisurata che non fu mai coronata in quanto restò sempre tra le 3 little major. Fa sorridere pensare che il primo tentativo di major film studio nacque come una realtà in funzione antimonopolistica contro la Motion Picture Patents Company conosciuta anche come “Edison Trust“. Sembra un paradosso ma la Universal fu una “indipendente”. Nel giro di due anni la Universal costruì uno studio a nord di Hollywood che fu l’embrione di un complesso celeberrimo ed ancora esistente noto come Universal Studios. Se si considera che ai quei tempi le società di distribuzione possedevano le sale cinematografiche è facile osservare come la Universal completi così il processo di integrazione verticale che va dalla produzione alla gestione dei cinema. Questo è il vero criterio costituente dello status di major. Non importa quanti film e di quale successo una azienda abbia prodotto, distribuito o proiettato, per essere definita major una società deve governare l’intera catena del valore.

Adolph Zukor produttore e dirigente Paramount
Adolph Zukor produttore e dirigente Paramount

In questo caso meglio sarebbe utilizzare il tempo del verbo al passato poiché nel 1948 il governo degli Stati Uniti d’America, vincitore di una vertenza che vide la suprema corte opposta alla Paramount Pictures (la seconda nata tra le major fondata nel 1914 sotto la spinta di Adolph Zukor e W.W. Hudkinson dall’unione di undici società di distribuzione), ingiunse alle major di vendere le sale cinematografiche, rompendo così un incanto durato comunque più di trentanni. Da ciò ne discende che ormai l’appellativo di major è come un titolo nobiliare che non può più essere né attribuito e né tramandato.

Douglas Fairbanks e Mary Pickford
Douglas Fairbanks e Mary Pickford

Molte società pur gloriose del passato non furono mai delle grandi major, tra queste forse la più famosa è la United Artist nata il 5 febbraio del 1919 sulla singolare iniziativa di due attori (Douglas Fairbanks e Mary Pickford ) e due registi (Griffith e Chaplin), che insofferenti alle pressioni che le major esercitavano sulla loro attività creativa decisero di promuovere autonomamente i propri film. Nonostante che la United Artist mise la propria firma su capolavori indimenticabili (si pensi solo a “La regina d’Africa” ed a “Mezzogiorno di fuoco”) non raggiunse mai quella dimensione d’integrazione verticale da entrare nel novero delle big.

il magnate Howard Hughes
il magnate Howard Hughes

Al contrario la RKO Pitcures (acronimo di Radio-Keith Orpheum) che fondata nel 1928 era tra le ultime nate, assurse rapidamente e pienamente al ragno di major, ma si ridusse man mano a poca cosa dopo essere capitata tra le grinfie del geniale e squilibrato Howard Hughes, che la smembrò e la vendette alla General Tire and Rubber Company dando così inizio ad una carambola di cessioni e incorporazioni che meriterebbe un trattato a sé stante. Il concetto di major è quindi storico oltre che aziendalistico ed è profondamente connesso al contesto americano. In conclusione le major sono 8: 5 grandi major (20th Century Fox, RKO Pictures, Paramount Pictures, Warner Bros e MGM) e 3 piccole major (Universal Pictures, Columbia Pictures e United Artists). Al giorno d’oggi nel mercato globale, per definire una major, non si può prescindere da una valutazione della dimensione anche geografica e dalle quote di mercato possedute e così il panorama che si ottiene è molto differente da un tempo e quel che si vede non ha più il fascino di una volta, ma per completezza dell’esposizione è giusto precisare che oggi le major sono 7 ed è scomparsa la suddivisione tra grandi e piccole, perché ormai bisogna per forza essere grandi. Esse sono (in rigoroso ordine di grandezza) Columbia, Warner Bros, Walt Disney (e pensare che nell’epoca d’oro era un indipendente!), Universal, Lionsgate Films, 20th Century Fox e Paramount Pictures. Se qualcuno quindi se ne dovesse uscire dicendo che quel produttore di casa nostra, per quanto grande, è una Major, siete autorizzati a prenderlo delicatamente per il gomito e, spostandolo, dirgli “ma mi faccia il piacere”.