La grande illusione del movimento

Che il cinema sia una grande illusione è arcinoto, ma a volte si dimentica che il primo grande inganno è proprio quello che ci induce a vedere movimento dove movimento invece non c’è. La pellicola non è che una lunga sequenza di fotogrammi. Il movimento è solo nella mente dello spettatore che assiste allo scorrere di questi fotogrammi. Poco importa che i fotogrammi siano impressi chimicamente su una pellicola o siano digitali essi sono sempre immagini fisse riprodotte in successione più o meno rapida su di uno schermo. Tali immagini si chiamano tecnicamente con il termine inglese “Frame” e la velocità con cui vengono riprodotte (quando si parlava solo di pellicola si poteva dire tranquillamente “fatte scorrere”) si chiama “Frame rate“. La percezione del movimento è tanto più fluida e realistica quando il frame rate è elevato, ovvero quante più immagini passano sullo schermo per ogni secondo. Per questo la velocità di riprooduzion viene misurata per numero di frame al secondo, abbreviando il termine nell’acronimo Fps (frame per second).

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Edison per il suo Kinetoscopio, un proiettore individuale che funzionava con una monetina da 5 cents (il famoso nickelino)  adottò la velocità di ben 46 frame al secondo in quanto riteneva fosse una velocità che rendesse bene l’effetto del movimento ma che non affaticasse gli occhi dello spettatore, ma si trattava di riprodurre filmati molto brevi della durata di solo 20 secondi, tutt’altra faccenda è proiettare riprese di almeno alcuni minuti. Per questo sia i fratelli Max ed Emil Skladanowsky con il loro Bioskop, basato su due nastri da 53 millimetri proiettati alternativamente, che i Fratelli Lumiére con il loro più agile ed infinitamente più celebre cinematografo, che utilizzava il formato di Edison da 35 mm ormai divenuto uno standard de facto, adottarono la velocità di circa 16 fotogrammi al secondo destinato a diventare la velocità di riferimento per quasi un quarto di secolo. I primi proiettori erano a manovella ragion per cui la velocità non era né precisa e né costante e soprattutto è spiegata un’altra ragione per cui la velocità non poteva essere quella elevata del Kinetoscopio di Edison, provate infatti voi a girare una manovella così velocemente da far scorrere 46 fotogrammi al secondo per svariati minuti!

il Bioskop dei fratelli Skladanowski, si notino le due bobine di pellicola
il Bioskop dei fratelli Skladanowski, si notino le due bobine di pellicola

Purtroppo 16 Fps (incominciamo ad utilizzare le abbreviazioni gergali) era anche la frequenza con cui venivano “girati” i filmati e la cosa comportava un effetto a scatti, in inglese detto “judder“, a tutto detrimento dell’illusione del movimento. Per ovviare parzialmente a ciò i proiezionisti cercavano di azionare il proiettore più velocemente con il risultato finale di ottenere quelle buffe sequenze accelerate tipiche delle comiche e del film muto in generale.  A fine anni ’20 però, con l’arrivo del sonoro, questa pratica empirica non poteva più aver luogo pena il verificarsi di ridicoli cambi di tono nella colonna sonora e quindi, grazie anche all’ormai affermata motorizzazione elettrica dei proiettori, fu individuata una velocità fissa di proiezione che doveva essere di 24 Fps corrispondenti a 456 mm di pellicola per ogni secondo di proiezione. Perché proprio 24? Perché come gli inglesi sanno bene è un numero che si presta ad essere diviso per 2, per 3, per 4, per 6 e per 8, in modo che in mezzo secondo si sa che ci stanno 12 frame, in un terzo di secondo ce ne stanno 8, in un quarto 6 e così via,  rendendo come è facile intuire molto più semplice le operazioni di montaggio del film.

Nel Kinetoscopio la pellicola si svolge e si riavvolge sulla medesima bobina come un anello
Nel Kinetoscopio la pellicola si svolge e si riavvolge sulla medesima bobina come un anello

Oggi in piena era digitale i film sono proiettati in sala a 48 Fps, con una perfetta illusione del movimento e con buona pace dell’affaticamento degli occhi sostenuto da Edison. In TV le velocità sono invece dettate dalla frequenza della rete elettrica che in Europa è di circa 50Hz e per cui venne ritenuto comodo riprodurre le immagini con il sistema Pal e Secam a 25 Fps. Con il sistema NTSC i frame sono in vece 30 al secondo (ma con uno strano effetto cromatico, tanto da indurre scherzosamente i tecnici a definire l’acronimo NTSC come : Never The Same Colour). Per questo i film in TV dura un po’ meno (per la precisione il 4% in meno) e le immagini sono parimenti più veloci.

Perché proprio 35 MM?

Nel 1891 Thomas Alva Edison aveva già inventato il fonografo, la lampadina elettrica, il sistema di distribuzione dell’elettricità, dieci anni prima, insieme a Bell aveva fondato una compagnia telefonica, molte altre cose avrebbe fondato ed inventato negli anni successivi tra cui il dittafono, la stampante, il primo studio cinematografico, la “major” cinematografica ante litteram Motion Picture Patents Company, nota anche come Edison Trust, aggregando nove case di produzione dell’epoca. Insomma dobbiamo pensare un uomo di eccezionale dinamismo, dannatamente e perennemente straoccupato al quale un giorno un suo brillante assistente, tale William K. L. Dickson, domandò: “Quanto larghi devo tagliare i nastri di pellicola che sono arrivati dalla Eastman Kodak?” Non è difficile immaginarlo seduto ad una scrivania ingombra di un presepe di fogli, disegni, modelli, quaderni, regoli, squadre e calamai sulla quale il celebre inventore stava inseguendo una nuova intuizione quando rispose ad un tratto “35 mm”. Si badi bene, non disse “1 pollice” che con i suoi soli 2,54 cm e al netto dei fori per l’avanzamento del nastro avrebbe generato delle pellicole troppo sottili per ospitare anche i fotogrammi, ma neppure si fece influenzare dalla pur imperante egemonia delle unità di misura anglosassoni indicando un pollice e mezzo pari a 38,1 millimetri, invece il grande Edison rispose “35mm” pari a 1 pollice e 3/8, segno di un’innegabile tributo a Delambre e Mechain e soprattutto al sistema metrico decimale che contribuirono a fissare. Forse Edison fu influenzato dalla nomina a commendatore ricevuta dalla Francia nel 1878 (pochi anni dopo avrebbe addirittura ricevuto l’onorificenza della Legion D’onore) o forse, mi piace pensare abbia ceduto alla maggior duttilità del metro abbandonando le misure mutuate dal mercantilismo inglese così comode per il commercio, ma evidentemente meno pratiche nella scienza. Doveva essere una misura provvisoria, soggetta a successive verifiche ed eventuali miglioramenti. Rimase invece lo standard di fatto della cinematografia sino all’avento del digitale. Il buon Dickson praticò quattro fori per lato al fine di permettere ai denti delle ruote del kinetografo e della macchina da presa di far avanzare la pellicola e siccome anche la lama per affettare le enormi bobine della Eastman Kodak a sua volta aveva una sua irriducibile “fisicità” la larghezza esatta della pellicola risultò essere per l’esattezza 34.98 ±0.03 millimetri (pari a 1.377 ±0.001 pollici). Per il fotogramma restava uno spazio utile di soli 24 mm × 18 mm, con un rapporto d’aspetto di circa 1,33 (come quello degli schermi televisivi in formato 4/3). Con l’avvento del sonoro tocca ricavare spazio per la colonna sonora, per questo il fotogramma venne dapprima portato a 21 mm × 18 mm, con un rapporto larghezza-altezza di circa 1,16 e, in seguito, a 22 mm × 16 mm (dovendo calcolare dello spazio nero di riserva tra un fotogramma e l’altro), con un rapporto larghezza-altezza di circa 1,37. Quest’ultimo è il formato Academy, lo standard che di fatto denunciava ormai la potenza crescente dell’industria cinematografica americana. Quindi alla fine dei giochi non c’è una vera ragione per il 35 mm o se c’è essa risiede nella valutazione rapida e geniale di quell’uomo non comune che fu Thomas Edison. D’altro canto non è forse l’uomo la misura di tutte le cose (Homo omnium rerum mensura est)?