Giovane sfaticato e perditempo, Antonino Scannapieco incanta gli amici con la sua arruffata dialettica e li convince che, per risolvere il problema della forfora e quindi quello della loro scarsa intelligenza, è necessario andare a Roma da un tale professor Svernagovic. Avuti i soldi, prende il treno e parte. Nella capitale ha uno zio con la relativa famiglia cui appoggiarsi, ma prima di raggiungerne la casa, e anche dopo, la sua scombinata invadenza lo fa andare incontro a numerose disavventure: all’Ufficio oggetti smarriti della stazione prende a caso tre pacchetti – regalo per i parenti – al posto di quelli che gli hanno rubato (in uno, destinato al nipotino, c’è un vero mitra); scambiato per un cicerone va in giro con un gruppo turistico di estasiaste vecchiette; una ragazza molto avvenente riesce a vendergli un’enciclopedia sull’innaffiatioi e i suoi usi. Entrato nel negozio di elettrodomestici dello zio, vende con grande guadagno tutta la merce e, nonostante i guai, gratifica con il suo eloquio una casalinga che ha appena acquistato un frigorifero; infilatosi in un furgone della polizia, viene condotto al commissariato, dove rivolta in allegria, con canti e balli, la disperazione di poliziotti e arrestati. Quando, dopo un ulteriore equivoco, giunge all’indirizzo del professore (proprio sopra l’appartamento dello zio), scopre che questi si è trasferito da almeno vent’anni. Non gli resta che tornare dagli zii…