Attori ed autori si votano spesso ad una vita di sacrifici (chiamiamoli così) per avere la loro dose di visibilità in terra e si spera, il più tardi possibile, anche gloria imperitura. Poi però si accorgono dell’inevitabile scocciatura di divenire un personaggio pubblico e finiscono per essere schivi e riservati, celati alla vista e resi irraggiungibili dai fan grazie ad un’impenetrabile rete di guardie del corpo. Anche i vetri delle auto su cui viaggiano sono scuri così che non li si possa scorgere.
Durante il festival di Cannes è possibile scorgere i grandi personaggi a patto di essere disposti a lunghe attese sotto il sole o più spesso sotto la pioggia battente, litigandosi qualche decimetro quadro in quei pochi metri, forse cento o poco più, che separano l’hotel Majestic dal red carpet. Bisogna però essere tenaci e pure alti per scorgere al di là delle transenne il balenare di una guancia o lo svolazzare di un capo di vestiario del proprio beniamino.
Dobbiamo però rendere merito ad una certa coerenza degli organizzatori che non hanno mai pensato di farne una festa popolare, ma è dichiaratamente un evento per gli addetti ai lavori dove il pubblico, a patto che sia ordinato, patinato ed in abiti eleganti è semmai tollerato piuttosto che benvoluto.
Della parca esposizione dei VIP ne fanno commercio gli americani, come sempre maestri del mercimonio, che nel loro padiglione, asserragliato dietro le impenetrabili transenne del Palais Du Festival, mettono in vendita l’ingresso agli eventi cui partecipano i big. Sì perchè se ieri volevate “ballare via la notte” (“dance the night away” dice espressamente il volantino americano) con John Cameron Mitchell in occasione dell’evento Queer Night 2017 (an LGBT celebration) avreste dovuto avere un accredito per accedere al Marché du Film ed aver sborsato gli oltre 200 dollari che occorrono per avere accesso al lounge dell’American Pavillion dove, oltre ad un pessimo caffé potete scorgere di sguincio qualche celebrità.
E allora lode agli irriducibili appassionati di cinema che escono di casa alla mattina in smoking o abito lungo (il genere, se si include la comunità LGBT, a questo punto non vincola l’abito) e se ne stanno con il loro cartello a pietire un invito per la proiezione di gala.
Non si sa se amano il semplice cinema, per cui basterebbe prendere un biglietto normale per le proiezioni diurne, o amano l’evento mondano, ma senz’altro sono alla fine i veri destinatari di molti sforzi di tanti soggetti. Quelli degli Autori e dei produttori che fanno i film e degli attori che, quando poi non se li fila più nessuno, cadono in depressione e finiscono per fare film di cui gli eredi si potranno poi vergognare con comodo a cose fatte.
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