Dopo il successo de Le otto montagne – tratto dal suo omonimo romanzo e diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, vincitore del Premio della Giuria a Cannes 2022 – Paolo Cognetti arriva al cinema il 25, 26 e 27 novembre con FIORE MIO (dettagli e sale su nexostudios.it, trailer disponibile qui) il primo film scritto, diretto e interpretato dallo scrittore, prodotto da Samarcanda Film, Nexo Studios, Harald House e EDI Effetti Digitali Italiani con il sostegno della Film Commission Vallée d’Aoste.
Protagonista di FIORE MIO – che è stato presentato al Locarno Film Festival e al Festival dei Popoli di Firenze e che dopo l’uscita italiana sarà distribuito in tutto il mondo da Nexo Studios – è il tema più viscerale della poetica di Cognetti: quella montagna che l’autore ha esplorato anche nel documentario Sogni di Grande Nord diretto da Dario Acocella, dove ha seguito le tracce del Christopher McCandless’ di Into the Wild negli incredibili e remoti scenari dell’Alaska. Questa volta il viaggio di Paolo Cognetti si fa più vicino allo spettatore e racconta la sua montagna: il Monte Rosa.
Quando nell’estate del 2022 l’Italia viene prosciugata dalla siccità, Paolo Cognetti assiste per la prima volta all’esaurimento della sorgente della sua casa a Estoul, piccolo borgo posto a 1700 metri di quota che sovrasta la vallata di Brusson. Questo avvenimento lo sconvolge profondamente, tanto da far nascere in lui l’idea di voler raccontare la bellezza delle sue montagne, dei paesaggi e dei ghiacciai ormai destinati a sparire o cambiare per sempre a causa del cambiamento climatico. Cognetti racconta così la sua montagna sulla falsariga de “Le 36 vedute del monte Fuji” di Hokusai, un’opera in cui l’artista giapponese ritrasse il Fuji cambiando continuamente i punti di vista e raccontando la vita che scorre a vari livelli.
Nel suo viaggio sul Monte Rosa Cognetti non è solo. Con lui ci sono il direttore della fotografia Ruben Impens, conosciuto sul set delle Le otto montagne e che firma anche la fotografia di Fiore Mio, e le persone incontrate durante questo viaggio. Come l’amico di una vita Remigio, nato e cresciuto in val d’Ayas, di cui conosce ogni luogo e custodisce la memoria. Ci sono anche Arturo Squinobal, una vita dedicata alle montagne e un volto che ne ricorda le tracce, e sua figlia Marta, che Paolo conosce sin dall’infanzia e che ha trasformato l’Orestes Huette nel primo e unico rifugio vegano delle Alpi. E ancora ci sono Corinne e Mia, donne dei rifugi. C’è il silenzioso eppure tagliente Sete, sherpa d’alta quota che ha scalato tre Ottomila, Everest, Manaslu e Daulaghiri, e si divide tra Italia e Nepal: lavora qui d’estate e d’inverno, mentre in autunno e in primavppera fa la guida per i trekking in Himalaya, dove ha moglie e figli. E poi c’è il cane Laki, inseparabile compagno di camminate.
Fiore mio non è solo un documentario nel senso di “documentare” che cosa sta succedendo alle montagne care a Cognetti e non è un film di finzione.
È un po’ di tutto questo ma soprattutto è un film sull’amicizia e sui rapporti.
Emergono personaggi che sono soprattutto amici di vecchia data o nuovi conosciuti attraverso il film. Ed è un film sui rapporti tra le persone ma soprattutto nei riguardi della montagna di coloro che gestiscono i rifugi e che raccontano il loro vissuto e il loro “dentro” in questi luoghi solitari.
Su tutto giganteggìa il profondo rapporto tra Cognetti e il suo cane Laki: inseparabili e straordinari nel loro instancabile camminare.
Serena Pasinetti