André Masson (Alex Lutz), un esperto d’arte che lavora per la celebre casa d’aste Scottie’s, riceve una lettera in cui gli viene comunicato il ritrovamento del dipinto “I girasoli”, il cui autore è Egon Schiele, scomparso dal 1939, dopo essere stato saccheggiato dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Il quadro si trova nell’abitazione di Martin (Arcadi Radeff), un giovane operaio chimico che abita a Mulhouse, nell’Est della Francia. André, non senza una dose di scetticismo, si reca sul posto per esaminare il dipinto. Per valutarlo si fa aiutare da Bertina (Léa Drucker), sua collega ed ex-moglie; dopo un’attenta analisi, si scopre che si tratta proprio dell’originale…
Il Regista Pascal Bonitzer prende spunto da un fatto vero: il ritrovamento nel 2004, a casa di un giovane operaio di Mulhouse, al confine con Svizzera e Germania, di un celebre quadro di Egon Schiele, I girasoli e ne fa un film con la mano molto esperta da sceneggiatore quale egli è. Bonitzer, infatti, è uno dei decani della sceneggiatura francese, ha scritto per i Cahiers du Cinema, ha lavorato per moltissimi registi, Rivette soprattutto.

Questa sua opera, senz’altro tra le migliori in qualità di regista, dipinge e caratterizza con grande efficacia le molte persone che lavorano nel mondo dell’arte, rappresentandole con tutte le loro idiosincrasie, debolezze e qualità. D’altra parte, con loro sono delineate in modo credibile le figure di persone più lontane dal mondo dell’arte e che mantengono, senza approfittare della situazione, la loro dignità.
E su tutti prende vita, dalla abile penna del regista/scrittore, un grande personaggio: è il quadro che passa da una parete buia e anonima ai fulgori di un grandissima valutazione dell’asta di Christie’s.

La pellicola non racconta solo una storia, una rincorsa alla ricerca di un quadro poi ritrovato, ma è una carrellata di personaggi che sono a loro volta dei veri quadri, rappresentativi di due mondi separati in cui lo spettatore viene invitato a tuffarsi come se fosse a una vera e propria galleria d’arte, con tanti personaggi/quadri diversi.

Il risultato è un film che sta tra la commedia e il giallo, venato da una sottilissima ironia, ancora una volta a dimostrazione dell’importanza di una raffinata scrittura cinematografica, adattissima in questo caso al mondo dell’arte che Bonitzer ci “dipinge”.
Maria serena Pasinetti





