Milano Crime International Film Festival

Milano accende i riflettori sul crime storytelling internazionale: nasce il Milano Crime International Film Festival

Dal 2026 un grande evento dedicato al racconto del crime e della legalità, ideato e diretto da Debora Scalzo

La città di Milano si prepara a diventare la nuova capitale mondiale del crime storytelling con la nascita del Milano Crime International Film Festival, ideato e diretto artisticamente da Debora Scalzo, con il sostegno dell’Associazione Culturale “Oltre la Divisa”.

Un progetto ambizioso e visionario, che dopo sei anni di lavoro e preparazione vede finalmente la luce: dal 2026, per tre giorni, Milano accoglierà autori, registi, attori, investigatori, criminologi, studiosi, magistrati, rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell’ordine, oltre a migliaia di appassionati provenienti da tutto il mondo.

Il Festival celebrerà il racconto del crime e della legalità attraverso cinema, arte, letteratura, incontri e dibattiti, con un gran finale di premiazione ospitato in uno dei teatri più storici e iconici della città.

I premi ufficiali del Festival renderanno omaggio alle eccellenze nel cinema, nel giornalismo, nella magistratura, nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine, riconoscendo il valore di chi, attraverso la narrazione o l’azione, sceglie di raccontare la verità e difendere la giustizia. Tra i tanti riconoscimenti che verranno ufficializzati l’11 novembre, figurano:

il Premio Milano Crime, simbolo del Festival e della città che lo ospita;

il Premio Paolo Vive, dedicato al Giudice Paolo Borsellino;

il Premio Giuseppe Iacovone, in memoria del poliziotto Giuseppe Iacovone, vittima in servizio della Polizia di Stato, e dedicato a tutti gli appartenenti delle forze dell’ordine che, in servizio e fuori servizio, si sono distinti per il loro operato e per il loro esempio di umanità, coraggio e dedizione al dovere.

Il progetto è stato presentato in anteprima presso il Parlamento Europeo lo scorso 15 ottobre, dove Debora Scalzo è stata ospite come Regista del docufilm “Paolo Vive” e Presidente dell’Associazione “Oltre la Divisa”, un momento che ha anticipato l’avvio ufficiale di un percorso internazionale di grande rilievo culturale.

Il prossimo 11 novembre, la Direttrice Artistica sarà ospite di Radio Lombardia per raccontare il Festival e anticipare le prime importanti novità: tra queste, il lancio del sito ufficiale e la rivelazione del primo grande ospite internazionale.

“Questo Festival rappresenta un sogno coltivato con passione per sei anni.

Volevo creare un luogo dove il racconto del crime si incontrasse con la verità e il senso civile, unendo arte, coraggio e umanità”, dichiara Debora Scalzo, ideatrice e Direttrice Artistica del Milano Crime International Film Festival.

“Il Premio Paolo Vive e il Premio Giuseppe Iacovone sono due riconoscimenti che porto nel cuore.

Il primo onora la memoria del grande Giudice Paolo Borsellino, simbolo eterno di giustizia e coraggio morale.

Il secondo è un omaggio a Giuseppe Iacovone, una parte del mio cuore, a cui voglio rendere la giusta giustizia che merita, omaggiandolo e ricordandolo.

È anche un premio dedicato a tutti gli uomini e le donne delle forze dell’ordine che, in servizio e fuori servizio, si sono distinti per il loro esempio di valore e umanità. Perché la memoria di chi ha scelto il bene, la verità e il dovere non deve mai spegnersi è il faro che illumina il cammino delle nuove generazioni”, aggiunge Debora Scalzo.

Con il suo respiro internazionale e il suo impegno etico, il Milano Crime International Film Festival si prepara a diventare un punto di riferimento mondiale per il cinema del reale e per la cultura della legalità, unendo le voci di chi racconta e di chi ogni giorno difende la giustizia.

Milano Crime Press Agency

La Redazione

 

Io ti conosco e il femminicidio che non si può più ignorare

Mentre tutti ne parlano, il cinema denuncia.

Nel film Io ti conosco, Laura Angiulli non racconta il femminicidio: lo attraversa. Lo lascia emergere come una crepa nel tessuto della realtà, come un’assenza che non si può montare, come un dolore che non si lascia chiudere in una narrazione lineare. La protagonista Nina, interpretata con intensità da Sara Drago, è una montatrice. Ma quando il marito scompare, il suo lavoro, dare forma alle storie degli altri, si trasforma in una lotta per dare senso alla propria.

Il femminicidio, in questo film, non è un fatto di cronaca. È un vuoto che si insinua nel quotidiano, una violenza che si consuma nel silenzio, nella disattenzione, nella normalità. Angiulli sceglie di non mostrare l’atto, ma di farne sentire il peso. Il montaggio diventa metafora: ogni taglio è una ferita, ogni raccordo una domanda, ogni sequenza un tentativo di ricomporre ciò che è stato distrutto.

In un panorama cinematografico spesso incline alla spettacolarizzazione del dolore femminile, Io ti conosco sceglie la sottrazione. E proprio in questo gesto radicale trova la sua forza.

Il film non cerca di spiegare, ma di far sentire. Non offre soluzioni, ma invita a restare dentro il disagio, a non voltarsi altrove.

Il femminicidio è un tema sempre attuale, purtroppo. Ma è anche un tema che rischia di diventare retorico, anestetizzato, ridotto a hashtag. Io ti conosco lo restituisce alla sua dimensione più vera: quella dell’esperienza, della perdita, della memoria. E lo fa attraverso il cinema, che qui non è solo linguaggio, ma spazio etico, dispositivo critico, atto politico.

Distribuito da Galleria Toledo e DNA srl, il film è stato presentato al Festival del Cinema di Spello, e rappresenta una delle voci più urgenti e consapevoli del nuovo cinema italiano.

Un’opera prima che non chiede di essere capita, ma di essere ascoltata. Come un grido che arriva da lontano, e che non possiamo più ignorare.

 

 

 

 

 

Giovanni de Santis

Produzione cinematografica e Intelligenza Artificiale: Major vs Indipendenti, chi guiderà il cambiamento?

Nel cuore della rivoluzione digitale che sta travolgendo il cinema, l’intelligenza artificiale si impone come ago della bilancia tra le grandi major e il mondo indipendente.

Non è solo una questione di strumenti, ma di visione, accesso e potere creativo.

 Le Major: automazione, efficienza, controllo

Le grandi case di produzione stanno già integrando l’AI nei processi di pre-produzione e post-produzione:

  • Script generation e analisi predittiva: algoritmi capaci di valutare la potenziale performance di una sceneggiatura prima ancora che venga girata.
  • Casting virtuale e deepfake controllati: simulazioni di attori e performance per testare scene e alternative narrative.
  • Post-produzione accelerata: editing, color grading e VFX automatizzati riducono tempi e costi.

Il vantaggio? Una macchina produttiva più snella, capace di testare e ottimizzare contenuti in base a dati di mercato. Il rischio? Un cinema sempre più omologato, dove l’algoritmo detta il gusto.

Gli Indipendenti: accesso, sperimentazione, rottura

Per i filmmaker indipendenti, l’AI può essere una leva di democratizzazione:

  • Strumenti open-source e low-cost per editing, animazione e doppiaggio.
  • Generazione di immagini e ambienti virtuali per superare limiti di budget.
  • Sperimentazione narrativa: chatbot e modelli linguistici come co-autori di storie ibride, poetiche, disturbanti.

Qui l’AI non è solo tecnologia, ma linguaggio. Un alleato per chi vuole rompere le regole, creare mondi impossibili, interrogare l’umano attraverso il non-umano.

L’impatto sostanziale: ridefinizione del ruolo autoriale

La vera frattura non sarà tra chi ha più soldi e chi ne ha meno, ma tra chi saprà integrare l’AI come estensione del pensiero creativo e chi la userà come scorciatoia produttiva.

Il regista del futuro non sarà solo un narratore, ma un curatore di intelligenze, capace di orchestrare umano e artificiale in un nuovo equilibrio estetico.

Verso un nuovo paradigma

Il cinema come lo conosciamo è destinato a mutare. Non si tratta di sostituire l’artista, ma di ridefinire il suo spazio.

Le major cercheranno di addomesticare l’AI, gli indipendenti di liberarla. In mezzo, il pubblico.

 

 

 

 

 

 

Giovanni De Santis