Rosso Mille Miglia

Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. (dal manifesto del Futurismo di Marinetti)

Ci voleva coraggio a sfrecciare su quei bolidi per mille miglia quando l’automobile non aveva compiuto che i primi passi e molto era ancora a venire. La meccanica era materia esotica che affascinava i futuristi e le corse erano faccenda di gentiluomini. Altrettanto coraggio ci vuole oggi per produrre un film al di fuori delle logiche tipiche dell’industria cinematografica quasi coeva dell’automobile e dagli sviluppi attualmente molto più incerti. Ecco perché si perdona al produttore, Lucere film srl, un product placement a tratti troppo smaccato, ma evidentemente necessario per poter portare a compimento un progetto ambizioso come questo film.

Maria Esse (Martina Stella) è una giovane giornalista affermatasi in Germania, ma originaria della provincia Bresciana, che torna in Italia per un servizio sulla corsa delle Mille Miglia. Il nonno era un famoso meccanico che negli anni ’30 correva la storica gara insieme al notabile del paese, proprietario di una OM 665 Superba. Ci fu un incidente seguito da uno scandalo e la passione dell’avo fu interrotta bruscamente. Ma non è questa l’unica zona grigia nella storia della sua famiglia. C’è un passato nascosto da una nebbia che il vento degli eventi è destinato a dissipare a beneficio di un presente radioso e tutto da vivere. E’ con il tono della commedia che Uberti affronta i temi delle relazioni umane e del rapporto tra l’uomo e la propria passione, reificata qui nel feticcio dell’automobile. Sono rappresentati i rapporti nelle loro declinazioni verticali ed orizzontali, ovvero tra le generazioni ed all’interno di esse; sotto l’aspetto, formale, parentale, amicale ed infine amoroso. Anche il rapporto con la passione per l’automobilismo non è che una sublimazione del rapporto amoroso, spesso anzi ne è un succedaneo,, con tutti gli inconvenienti che comporta. Ogni personaggio del film trova il suo doppio nell’autovettura a cui è legato. Ognuno guida un auto che lo rappresenta, una sorta di avatar in salsa cyber o steam punk, dove vi è una commistione intima tra uomo e macchina. Così Maria Esse guida una Mercedes molto in voga ai giorni nostri che sembra un prolungamento degli altri accessori tra cui spiccano dei trampoloni onnipresenti e tremendamente scomodi come il ruolo di donna inscalfibile che ha deciso di vivere. Marco (Fabio Troiano), Il giovane meccanico che correrà la Mille Miglia in coppia con Maria, possiede di suo un vecchio carro attrezzi OM (legame narrativo con la 665 Superba su cui correva il nonno di lei), ma il suo sogno è quello di correre su di una mercedes 300 SL del ’54 con le portiere ad ali di gabbiano, chiaro riferimento ad uno più profondo spirito visionario e libero. La coppia di amici , inseparabile come una pattuglia delle forze dell’ordine, non a caso correranno su di una vecchia Lancia della polizia. Ed infine la coppia formata dalla acida e rancorosa discendente del notabile che fu compagno del nonno di Maria e del di lei marito (Remo Girone) su di una Porche d’epoca, raffinata ed esclusiva, ma con u cuore straniero. Al di là del mistero in sé, la scoperta alla fine del racconto sembra suggerire che l’olio che lubrifica i rapporti tra le persone e la benzina che li fa muovere ed evolvere verso un futuro migliore non è legato alle glorie della competizione o alla passione per gli oggetti, pur rari e bellissimi che siano, ma sono la genuinità dei sentimenti e la grandezza del perdono. Sì perché il Futurismo con il suo inno all’uomo al volante,  nel frattempo è rimasto nel passato e noi si deve vivere in un inemendabile presente. Se la sceneggiatura e la regia a tratti non sono scevre da imperfezioni, c’è comunque una credibile prova corale di recitazione, che poggia su due pilastri indiscussi come Remo Girone e Victoria Zinny, la quale alla fine ci consegna una commedia intelligente che rifugge da parolacce, torte in faccia e tradimenti. Un’ottima ragione per andarlo a vedere, per tacer poi della scorpacciata di magnifiche auto d’epoca.

Corrado Parigi

Corn Island

La storia semplice e meravigliosa di un’isola dove cresce il grano e l’uomo preserva i valori più sacri

Tra la Georgia e l’Abkhazia scorre il fiume Enguri che origina dal ghiacciaio del monte Shkara, un rilievo che con i suoi oltre 5.000 metri è il picco più alto della Georgia. Ogni primavera, con lo sciogliersi delle nevi, l’Enguri trascina sedimenti verso il Mar Nero formando nelle sue anse delle isole di suolo tanto fertile quanto instabile. Sono isole destinate a durare una sola estate e che le piogge dell’autunno smembreranno per ricondurre i detriti verso la foce. Eppure ogni anno i contadini della zona s’installano su questi campi instabili per seminare e coltivare il granoturco, che raccoglieranno, si spera, prima dell’arrivo delle piene. Corn Island è la storia di un vecchio contadino che, con l’aiuto della giovane nipote, ripete il rito antichissimo di colonizzare e mettere a frutto un’isola nel fiume Enguri. Il passo del vecchio misura la lunghezza dell’isola, le mani saggiano la qualità del terreno, lo sguardo esperto valuta i pro e i contro della posizione e infine la vanga affonda nel ventre della terra che va mondata dalle pietre e difesa dalle improvvise piene. Il tempo è scandito dal ritmo del lavoro nel campo, la pesca nel fiume e la costruzione di un riparo, tutte attività fondamentali che non lasciano spazio a speculazioni. Dalle rive opposte, dove si confrontano i soldati georgiani e le milizie abkhaze, giungono rumori di spari e ogni tanto una lancia dell’una o l’altra parte, percorre il fiume in perlustrazione. “Nonno, a chi appartiene quella terra?” domanda ad un certo punto la nipote. “La terra appartiene a chi l’ha creata.” Risponde pragmaticamente il nonno, incapace di spiegare la pazzia che ha portato due popoli perfettamente integrati da secoli a combattersi con ferocia inaudita da neanche trent’anni. E’ per questo che quando un soldato ferito giunge sull’isola non si domanda a quale etnia appartiene e se ne prende cura, come è naturale e umano che sia.

Il tema della disintegrazione culturale e sociale, ancor prima che politica, del proprio paese è reso simbolicamente da questo incredibile ed allo stesso semplice racconto di George Ovashvili (leva 1963). Un film girato con sobria e toccante poesia, dalle immagini così evocative e dalle sequenze così eloquenti che non sorprende che i dialoghi siano rarefatti e deputati esclusivamente ad esprimere fattualità altrimenti inesprimibili. Il vecchio contadino è interpretato da Ilyas Salman, un attore turco più noto in patria per le sue parti brillanti e che stupisce in questa pellicola per l’intensità della recitazione non verbale. La nipote è interpretata da Mariam Buturishvili, una giovanissima attrice georgiana alla sua prima prova e forse proprio per questo così calzante in un ruolo che richiede una indispensabile genuinità. Se con il suo precedente film The other bank (Gagma Napiri 2009) Ovashvili affrontava il tema del viaggio iniziatico, con Corn Island vuole ribadire come i valori universali dell’uomo non hanno patria e bandiera e non poggiano su una terra sempre troppo mutevole e farraginosa per costituire le fondamenta di un edificio etico;  bensì albergano in ciascuno di noi, si nutrono di cose semplici e si tramandano di generazione in generazione, depositandosi come i sedimenti di un fiume a formare una concrezione che chiamiamo tradizione.

Il film è giunto in Italia grazie alla distribuzione di CINEAMA che l’ha portato in sala con un’edizione sottotitolata e che con un po’ di malizia è possibile rintracciare nei cinema della propria regione.

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Andrés Rafael Zabala, regista di “A DARK ROME”

En el pasado Festival de Cine Fantástico de Torremolinos, tuvimos el placer de conocer a Andrés Rafael Zabala, director de “A Dark Rome”, un thriller con toneladas de humor negro, rodado con escaso presupuesto, pero muchas dosis de talento y buen hacer.

Adquirido el compromiso de visionar previamente la obra, con el fin de así ofreceros una mejor opinión, al tiempo que una entrevista más completa, un servidor ha podido disfrutar de un pase privado, gentileza del propio realizador, y como paso previo a la habitual batería de preguntas, os dejamos, a modo de ilustración, nuestro propio análisis del film.

Agradecer a Andrés, el material gráfico enviado a tal efecto para la entrevista, que contiene imágenes exclusivas de la película, las cuales podéis disfrutar en primicia.

A Dark Rome

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 Sinopsis: Patrick, un joven artista del tatuaje, entra a trabajar en un centro de belleza de la capital romana, al que asisten como clientes una buen número de sacerdotes. Con un gran ansia por ocupar el puesto de Frank, amigo que le ha recomendado, hace ver al jefe del centro, un peligroso individuo, que su mujer tiene un romance secreto con él, sin saber que está a punto de desencadenar una serie de acontecimientos nefastos para su persona.

Partiendo de una base tan disparatada como eficaz, que alude al consumismo banal del propio clero romano, Andrés Rafael Zabala ha construido un film curioso, que comparte y recorre con acierto algunos lugares comunes de la capital transalpina, dibujado con un sutil acabado estético, y un aroma narrativo profundamente irónico, que seguro hará las delicias de aquellos que busquen cierto tono de frescura e irreverencia, bastante más fácil de rastrear en el cine de corte independiente.

Un trabajo muy estimable, que sabe embarcar hábilmente al espectador en su ingeniosa mezcolanza de géneros, que transitan desde la comedia a lo criminal, e incluso a un tipo de cine espectral, refugiado con gran solvencia en esa oscuridad a la que alude el título, factor omnipresente y destacado de la cinta.

Es así como se perfilan los oscuros callejones físicos y morales de un film noctámbulo, que contempla la arquitectura empedrada de Roma como un testigo mudo del pasado, y que sencillamente recoge siglos de historia en su haber, convirtiendo la silueta del Castillo de Sant’Angelo, tan cercano a la curia Vaticana, protegido por sus característicos guardianes de piedra, casi en un inquietante y deseado personaje más de la trama.

Buen nivel interpretativo, para un grupo de actores aquí más bien desconocidos, pero que saben aportar buenas dosis de credibilidad a sus perfiles, que en algunos casos requieren de cierto esfuerzo, por la complejidad de adoptar ciertas decisiones, que seguramente, y en manos de alguien menos implicado, podía haber afectado al tono general de la obra.

Finalmente, recomendar si reservas este paseo por esa Roma oscura y vanguardista, da gusto ver que aún existe gente con capacidad e inventiva en un universo cinematográfico tan sobresaturado por la mediocridad, algo de lo que sabe aislarse el film, para crear un discurso genuino y envolvente, de esos que se quedan impresos en la memoria.

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Entrevista

– Antonio Alcaide: Ante todo enhorabuena Andrés, la película me ha gustado mucho más de lo que esperaba, es muy dinámica, nada aburrida, y administra muy bien los recursos a su alcance. Imagino que la acogida debe ser muy buena, háblanos de ello.

– Andrés Rafael Zabala:  Primero, muchas gracias por la atención que han prestado a mi película, y por esta entrevista. Por suerte, confirmo que a día de hoy, la cinta ha sido seleccionada por 9 festivales en Italia, Estados Unidos, Canada y España, y ha encontrado un distribuidor internacional, la 30 Holding.

A DARK ROME será presentado en los majores mercados, como el EMF, European Film Market, durante la próxima Berlinale del 2016, entre muchas otras películas de medio y alto presupuesto.

– A.A: Sentimos gran curiosidad por saber en que medida, puede la Iglesia Católica haberse tomado mal esa genial idea de un centro estético para sacerdotes, ¿ha habido algún tipo de reacción al respecto?

– A.R.Z: En Italia hay una comisión de censura para obtener la aprobación necesaria con la que conseguir su salida cinematográfica. Esta comisión esta compuesta por 8 personas entra las cuales tiene que estar un representante de la Iglesia Católica Romana, a veces és un sacerdote, y otras un miembro de una asociación Católica.

Normalmente uno les manda el film y ellos ponen un sello, en cambio cuando vieron A DARK ROME me llamaron y me hisieron algunas preguntas. Yo les recordé que en la película ningún sacerdote está directamente implicado en actos criminales (si bien son confesores de criminales – pero eso nunca fue un problema para ellos), los sacerdotes van al centro estético, pero no les hacen nada que se desvíe de las normales atenciones que se pueden recibir en esos centros, no hay escenas de sexo ni de droga ni de violencia de parte de ninguno de ellos. El representante de la Iglesia me pidió explicaciones sobre los tatuajes y yo le recordé que en mi film ellos simplemente se hacen tatuar cruces y imágenes de ángeles.

Además añadí que yo no veía nada de malo en que un sacerdote actuara de dicha forma. Finalmente, no sabían que hacer, pero me pusieron el sello para que A DARK ROME pudiera estrenarse (con un voto de 6 a favor y solo 2 contrarios).

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Lo importante es que no encontraron argumentos validos como para prohibirla, la verdad, con toda la violencia, amoralidades e injusticias sociales presentes en el cine “main stream”, hubiera sido injusto que A DARK ROME, que tiene además un tono de humor negro y surrealista pagara lo que otros no pagan.

Las reacciones del publico “real” son otra cosa y por lo que veo hay gente a la que A DARK ROME gusta menos y otra que lo atrapa y que se divierte. Difícilmente encontrarán alguien a quien la película lo ha dejado indiferente, y eso para mi es muy importante. Si me regalas 93 minutos de tu tiempo te debo mostrar algo qua antes no habías visto, una historia que nadie te había contado. Hay que respetar el tiempo de los demás. El tiempo es lo mas precioso que tenemos.

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– A.A: ¿De donde, o como surge la idea para A Dark Rome?, Son varios los géneros que contempla, ¿se pensó así desde un primer momento, o surgieron nuevas lineas argumentales durante el rodaje?

– A.R.Z: Yo quería hacer un film que expresara lo que pienso sobre el sentido de culpa, creo que es interesante como cada uno de nosotros encuentra el modo de vivir con el sentido de culpa, y como buscamos una salida propia de esa situación.

La verdad és que yo nunca entendí la confesión en la Iglesia Catolica Romana, supongamos que yo te hiciera algo de malo a ti, y voy a pedir el perdón a Dios, a través de un sacerdote, el cual decide cual será mi penitencia, ¿tú estarías contento conmigo? No por nada tantos mafiosos se ha descubierto como Católicos muy fervorosos, y eso ha llevado a curas que frente a un juez han dicho que ellos tienen el derecho de proteger el secreto de la confesión, lo que realmente protege a muchos criminales feroces.

Si tu me vienes a confesar un crimen yo debo ir a la policía, un sacerdote puede no hacerlo, un sistema que funciona así desde el medievo. Esto creo que es una problemática moral muy seria, pero yo también creo en el poder de la sonrisa. Pensé entonces a como la Iglesia se ocupò por siglos de la estética de sus tiempos, los más grandes artistas de la historia han trabajado para los Papas de Roma, pero los sacerdotes no deberían practicar el “culto del cuerpo”, Se me ocurrió entonces la idea del centro estético para curas como ambiente en el cual un joven busca la solución a su sentido de culpa.

La mezcolanza de géneros, es a mi modo de ver lo que ha producido el mejor cine que he visto en los últimos 30 años, como es el  horror/non-sense de El Jovencito Frankenstein”, de Mel Brooks, el thriller/noir/comedia negra de “Reservoir Dogs”, de Quentin Tarantino, la “comedia negra/noir/surreal de “El gran Lebowski”,” de Los Hermanos Coen, o films de guerra/románticos como el “El Paciente Ingles”, de Antony Minghella.

Yo intenté construir la historia de A DARK ROME con un cambio de ritmo constante, entre el thriller/ghost movie y la comedia negra, como el algunas canciones de los Led Zeppelin o de los Red Hot Chilli Peppers, que se caracterizan por un constante cambio de ritmo.

Vivimos inmersos en un mundo multicultural, caracterizado por un absurdo capitalismo frenético, vivimos demasiado en nuestro propio mundo, todo es una experiencia similar al Zapping televisivo, moverse entre dos o tres atmósferas diferentes ya es limitar nuestra experiencia de vida por un par de horas. No estamos acostumbrados a concentrarnos es una cosa, ni en una atmósfera única, por más de algunos minutos. Por eso creo que tienen éxito las películas como las que he citado, no solo porque son grandes films.

El problema de nuestro PATRICK en A DARK ROME es dramático, pero como en la vida, lo trágico a veces se hace ridículo, y las situaciones en las cuales el joven tatuador se encuentra en esta Roma son tragicómicas, como a veces lo son también en nuestra vida.

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Yo trabajo siempre con un Storyboard que sigo durante cada día de rodaje, no puedo trabajar bien sin estar preparado, sin un proyecto de dirección. Lo que he cambiado ha sido el montaje, porque la primera versión no me convencía. En esta re-edición me ha ayudado Piero Spila, guionista y critico cinematográfico, el cual hace muchos años fue uno de mis profesores de cine. Yo que hoy soy profesor de cine (en la RUFA, Rome University of Fine Arts), igualmente fui a buscar a mi ex profesor para un consejo, “Solo se que no se nada” (Sócrates). Ahora, finalmente, parece que A DARK ROME funcione.

– A.A: Cuéntanos algunas anécdotas del rodaje, seguro que debe haber cientos de ellas, ¿con cuales te quedas?, y en esa línea, los actores están estupendos, ¿que tal el trabajo con ellos?

– A.R.Z: Te cuento dos. El día que rodamos los exteriores por la mañana del puente de Sant’Angelo, James Butterfield/“Don Paul”, ya estaba vestido de sacerdote, pero tenía que esperar una media hora, porque estábamos terminando otra escena, entonces al pasear por el centro vestido de “Don Paul”, se para en un bar, pide una copa de vino blanco y cuando va a pagar, el tipo encargado de cobrarle le dice que él no tiene que pagar nada.

Otra se desarrolla junto a una de las fotos que les he enviado. El día en el cual rodamos la escena del vivero de plantas, por la noche, que conlleva un diálogo en el cual en la misma imagen está el cadáver de FRANK (Michael Schermi) y su fantasma. La persona que habíamos llamado para ser el extra que interpretaba el cadáver no vino, y yo era el único hombre grandote casi como Michael, entonces me hicieron el tatuaje sobre el brazo izquierdo que iba a ser filmado, me tire en el suelo, me pusieron encima unos gusanos que tenían un olor terrible, me acoplaron los auriculares, y me dieron el monitor portatil en la mano derecha. Así dirigí la escena, sin poder casi ni respirar, dado que estaba muerto. Terminamos al salir del sol. Eso significa hace cine independiente, bastante diferente de la idea que muchos tienen sobre lo que significa ser un director de cine.

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Yo reúno a todos los actores antes de tomar decisiones, y de firmar. Antes de rodar A DARK ROME tuvimos casi tres semanas de pruebas. Eso es muy importante para que los actores mismos puedan improvisar libremente, para que inventen el personaje junto a mi, en un momento en el cual todavía no esta la presión del set, del poco tiempo para rodar, de los problemas técnicos que resolver. Cuando llegamos al set ya sabíamos lo que queríamos hacer. Yo completo el Storyboard durante las pruebas con los actores, dado que al verlos probar a veces ellos sin querer me sugieren como rodar una escena.

Para mi, la dirección tiene que ser de uno solo, pero hay que saber apreciar la creatividad de todos los que trabajan en un film, y coordinarla.

-A.A: Queremos saber más de ti, cuales son tus influencias, y que películas o series tienes de cabecera.

– A.R.Z: Lo más importante para un realizador no es ver mucho cine,sino vivir eventos o leer cosas que lo estimulen para crear nuevas imágenes. Leyendo un libro, cada uno de nosotros se convierte en director de cine, por lo tanto, en vez de mencionar a todos los grandes directores que admiro, prefiero citar de la historia mundial de la literatura a Donatien Alphonse Francois de Sade, Franz Kafka, Robert Luis Stevenson, William Sommerset Maughman, Edgar Alan Poe, Herbert George Wells, Dashiel Hammett, Jim Thompson, Raymond Chandler, y Jorge Luis Borges. También a Julio Cortazar, Osvaldo Soriano (algo de Argentino soy), y de los Estados Unidos,  Charles Bukosky, Don De Lillo, Chuck Palaniuk, Lawrence Block, ¿cuantas paginas me dan? ¡Ah!, no quiero olvidar a Joe R. Lansdale, me encantaría poder rodar una de sus historias.

Cada uno de estos escritores me ispiran, me llenan emociones y de imágenes que me gustaría filmar, sin el temor de imitar a otro director, porque la elaboración sería mía, y no rodaría la cinta basándome el la creatividad de otro cineasta.

Dicho lo cual, si  hay que citar a algún cineasta, yo no soy religioso, ¡pero creo en Stanley Kubrick!

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-A.A: Rodar con apenas pocos miles de Euros debe supone toda una odisea en los tiempos que corren, imaginamos que la crisis afecta tanto o más de lo que parece, ¿ha sido difícil en ese sentido completar el film?

– A.R.Z: Es muy difícil completar un film en estas condiciones, ¡pero se puede!. En A DARK ROME han trabajado detrás de la cámara muy pocos profesionales (a veces yo era el único) y 10 estudiantes de cine de la Rome University of Fine Arts donde enseño. Ellos me dieron la fuerza y la posibilidad de realizar este film en 40 diferentes locaciones de Roma, de un total de 33 dias de rodaje, con 37 actores angloparlantes o Italianos, que sabían inglés, sin una gran producción, todo esto es muy difícil, repito no es fácil pero se puede hacer.

Yo además tengo la suerte de trabajar con mi mujer, Rosanna Fedele, la cual además de ser actriz, “GRETA”, es una cantante (la canción original del film) y dado que es una diseñadora de moda, se encargo de crear todos los retratos que se ven en en la galería de arte, que en el film representan las obras pintadas por “Patrick”. El cine independiente da también la posibilidad de expresarnos a 360 grados.

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Siento también la necesidad de manifestar agradecimientos a mi madre la Abogada Ana Messuti (que muchos conocen en España) por haber creído en mi por tanto tiempo.

El mensaje más fuerte que lleva consigo “A DARK ROME”, es que gracias a las nuevas tecnologías digitales, cámaras y software, hoy un film – si tiene un guión que sea un guión y que este bien rodado – puede competir con un film de medio o a alto presopuesto – puede ser seleccionado en grandes festivales en todo el mundo, ser visto por críticos importantes, encontrar distribuidor al igual que películas realizadas con presupuestos decenas o cientos de veces más altos. Eso significa un gran sacrificio, mucho tiempo, pero también, supone para nosotros la independencia total. Yo escribí y hoy escribo lo que se me pasa por la cabeza, sin pensar que le va a gustar o menos a otro. El cine es una forma de expresión artística, y el Arte no pide dinero, pide ante todo, libertad.

– A.A: Tu espacio personal, para que añadas lo que creas que no te hemos preguntado, o cualquier cosa sobre el film que creas conveniente. Desde Fusion Freak agradecemos tu tiempo, que sabemos escaso, y esperamos nuevas noticias tuyas en un futuro cercano.

– A.R.Z: Para el futuro, estoy trabajando a dos cosas, el posible desarrollo de “A DARK ROME”en una serie de televisión, creo que la idea del centro estético para curas da para divertirnos mucho más, y los del Vaticano, llenando las paginas de los diarios de todo el mundo, por ejemplo el escándalo “Vatileaks”, día por día con nuevos sucesos de corrupción, parece que me quisieran ayudar en el marketing televisivo de la futura serie de “A DARK ROME”. Leyendo esas cosa uno ve claramente que la realidad supera siempre la fantasía.

Ademas de el proyecto de la serie, estoy escribiendo un nuevo guión y la maravillosa Ciudad Eterna con sus “testigos de piedra” – como ustedes los han definido en la introducción a esta entrevista – serán de nuevo parte del casting. Les puedo decir algo más, el nuevo guión esta basado en una adaptación a la Roma del 2015 de un cuento que originariamente estaba ambientado en Lóndres a de fines del 1800. El escritor que me ha ispirado este próximo film es un señor inglés, no se si lo recuerdan, un tal Herbert George Wells.

¡Muchas gracias a Fusion Freak por esta entrevista, y un “saluto” desde UNA ROMA OSCURA!

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