FILMMAKER FESTIVAL – Retrospettiva Valie Export

Milano | 15 – 23 novembre 2025

VALIE EXPORT protagonista della retrospettiva di Filmmaker 2025. Icona femminista dell’arte contemporanea, amata da Marina Abramovic e Cindy Sherman, autrice di performance scandalose e leggendarie: nel focus dal titolo BODY DOCUMENTS, a cura di Tommaso Isabella e con la collaborazione del Forum Austriaco di Cultura a Milano, oltre venti tra corti e documentari per raccontare un’artista che ha fatto del suo corpo uno strumento politico e creativo.

È dedicata all’artista austriaca VALIE EXPORT la retrospettiva di Filmmaker 2025, il festival del cinema documentario e di ricerca, in arrivo a Milano dal 15 al 23 novembre. Col titolo BODY DOCUMENTS, il focus curato da Tommaso Isabella e realizzato con la collaborazione del Forum Austriaco di Cultura a Milano, esplora l’opera di una figura che è oggi un’icona dell’arte contemporanea, riferimento per molte artiste delle generazioni successive – da Marina Abramovic a Cindy Sherman – fra le prime a mettere in discussione lo sguardo maschile e il patriarcato con la pratica della performance nello spazio pubblico.

Nata a Linz nel 1940, performer, fotografa, filmmaker, femminista, VALIE EXPORT in oltre sessant’anni di carriera ha attraversato una molteplicità di media e pratiche, mostrando in ogni suo intervento un senso affilato per la provocazione e una prospettiva politica radicale. Sin dai suoi esordi, negli anni Sessanta, che creano scandalo e sconvolgono la scena artistica austriaca del tempo, dalla quale sarà a lungo ostracizzata, EXPORT nome d’arte ispirato a una marca di sigarette austriaca, afferma un gesto creativo in rivolta, la cui materia e strumento è il corpo femminile e femminista dell’artista, in relazione allo spazio pubblico, al suo ambiente sociale e culturale.

Cosa sarebbe l’arte se non derivasse dal desiderio di cambiare il mondo?” si chiede. Una domanda che è un’affermazione poetica e politica, resa visibile in performance diventate leggendarie come Tapp-und Tastkino (1968), in cui, indossando una protesi a forma di box, invita i passanti nelle strade di Vienna a assistere a un cinema sensoriale che ha per oggetto il suo stesso corpo o Aus der Mappe die Hundigkeit dove, ribaltando i tradizionali rapporti di potere tra i sessi, vagabonda tenendo al guinzaglio l’artista concettuale e curatore Peter Weibel o ancora Aktionshose Genitalpanik (1969) quando, con lo sguardo fisso verso l’obiettivo, un fucile semiautomatico puntato contro lo spettatore e i genitali in mostra, fa irruzione in un cinema di Colonia capovolgendo la percezione del “body” e trasformandolo in un simbolo di violenza. Un percorso artistico grazie al quale, attraverso l’esplorazione del corpo come portatore di domande e conflitti, EXPORT stimola il pubblico a mettere in discussione le strutture di potere dietro l’erotismo, lo sguardo maschile, le questioni di genere, i ruoli del femminile in un continuo rovesciamento che diviene il punto di partenza per una critica alla società. E che risuona nel nostro presente.

Articolata in quattro programmi, la retrospettiva, ospitata alla Cineteca Milano MIC di Viale Fulvio Testi 121, verte principalmente sui cortometraggi sperimentali, sulle documentazioni delle performance nonché su alcuni lavori documentari realizzati da EXPORT nella fase più avanzata della sua carriera in cui si rileva un’attenzione persistente al tema della dualità tra corpo e linguaggio. I diversi programmi saranno introdotti da artiste e curatrici che hanno particolari legami con la sua opera.

BIOGRAFIA VALIE EXPORT

VALIE EXPORT è nata come Waltraud Lehner nel 1940 a Linz, dove ha frequentato la Scuola di Arti e Mestieri. Nel 1964 si è laureata alla HBLVA per l’industria tessile di Vienna. Dal 1967 porta il nome di VALIE EXPORT, un concetto artistico e un logo. Cofondatrice dell’Austrian Filmmakers Cooperative, ha partecipato a numerosi festival di cinema e video in tutto il mondo. Oltre a presentare i suoi lavori in mostre internazionali e a prender parte a importanti esposizioni come la Biennale di Venezia (1980) e Documenta (1977), nel 1970 ha iniziato la sua attività curatoriale, con particolare attenzione al femminismo e alla media art. Ha inoltre insegnato in istituzioni come l’Art Institute di San Francisco, l’Università del Wisconsin, Milwaukee/USA, e l’Università delle Arti di Berlino. Fino al 2005, VALIE EXPORT ha ricoperto la cattedra di Multimedia e Performance presso l’Accademia di Media Arts di Colonia. Nel 2009 è stata co-commissario del Padiglione austriaco alla Biennale di Venezia. Attualmente vive e lavora a Vienna.

FILMMAKER FESTIVAL

Da sempre attento a intercettare autrici e autori che si muovono sui bordi di sperimentazione, cinema del reale, ibridazione dei generi, Filmmaker propone quest’anno due sezioni competitive (Concorso Internazionale e Concorso Prospettive, quest’ultimo riservato a autrici e autori fino ai 35 anni) con prime italiane e mondiali,  una selezione Fuori Concorso, che presenta gli highlights della stagione cinematografica, percorsi e proiezioni che indagano le relazioni fra cinema e altre arti, masterclass, incontri con le registe e i registi e uno spazio dedicato alla realtà immersiva.
Gli abbonamenti (intero 35€, ridotto 30€, sostenitore 100€) validi per la partecipazione e tutti gli appuntamenti del festival sono disponibili già da ora in prevendita su filmmakerfest.com.

La direzione

Il risultato del vero cinema Indie: MI FACCIO DI ROCK’N’ROLL

Il risultato del vero cinema Indie, da i suoi frutti.

Mi faccio di rock’n’roll: il film che prende a calci il cinema italiano

Altro che Tarantino. Rocco Marino non lo cita, lo brucia. Mi faccio di rock’n’roll è il film che il sistema non voleva, che i festival hanno ignorato, che le piattaforme hanno temuto e che il pubblico ha adorato. Un’opera punk, sporca, eccessiva, che fa saltare in aria le regole del cinema indipendente italiano con la grazia di una molotov lanciata in un teatro borghese.

Perché è il caso dell’anno?

Perché non chiede il permesso. Lo prende.

Perché non cerca fondi pubblici, cerca adrenalina.

Perché non si rivolge al pubblico, lo sfida.

Perché Milano non è sfondo, è ferita aperta.

Perché ogni personaggio è una mina vagante, ogni dialogo una rasoiata.

Cinema o sabotaggio?

Marino gira come se avesse rubato la cinepresa. Monta come se stesse scappando dalla polizia. Distribuisce come se fosse un hacker. Il risultato? Un film che non si guarda, si subisce. E che lascia il segno.

Tarantino? Forse. Ma qui c’è di più. C’è l’Italia che non si vede. Quella delle notti sbagliate, dei sogni tossici, delle verità che non entrano nei bandi ministeriali. Mi faccio di rock’n’roll è il manifesto di una generazione che non vuole essere educata, ma disturbata.

Rocco Marino con Veleno production, firma il caso indie dell’anno. Un contest musicale truccato, un testimone scomodo, una Milano che brucia. Altro che Tarantino. Qui si gioca sporco.

Disponibile ora su Amazon Prime. #MiFaccioDiRocknRoll #RoccoMarino #CinemaIndie #FilmCheSpacca #MilanoPulp #IlCinemaCheDisturba #velenoproduction

 

Giovanni De Santis

Major e indipendenti: il cinema nell’era dell’intelligenza artificiale

Una volta c’era Hollywood da una parte, con i suoi blockbuster e le sue star, e dall’altra il cinema indipendente, fatto di budget ridotti, idee audaci e festival alternativi. Oggi, questa distinzione è ancora viva, ma qualcosa sta cambiando: l’intelligenza artificiale (IA) sta entrando in scena, e lo fa con un impatto che potrebbe riscrivere le regole del gioco.

Major: l’IA come strumento di potere

Le grandi case di produzione stanno già usando l’IA per ottimizzare ogni fase del processo creativo. Si parla di algoritmi che analizzano i gusti del pubblico per prevedere il successo di un film, software che generano sceneggiature basate su modelli narrativi vincenti, e persino tecnologie che permettono di ringiovanire digitalmente gli attori o ricreare volti scomparsi.

Un esempio? La Lucas film ha utilizzato l’IA per riportare in vita il volto di Peter Cushing in “Rogue One”, e Netflix ha sperimentato l’uso di doppiaggio automatico multilingua per distribuire contenuti in tempo record.

Indipendenti: l’AI come alleata creativa

Ma l’IA non è solo nelle mani dei colossi. Al Sundance Film Festival 2025, diversi registi indipendenti hanno raccontato come l’IA stia diventando uno strumento per abbattere i costi e ampliare le possibilità creative. Alcuni usano software per scrivere soggetti, altri per montare film in autonomia, altri ancora per creare effetti visivi senza dover ricorrere a studi esterni.

 

 

Al Nòt Film Fest 2024, festival italiano dedicato al cinema indipendente, registi e produttori hanno discusso apertamente di come l’IA possa aiutare a superare barriere economiche e linguistiche, rendendo il cinema più accessibile e internazionale. Anche in Italia si creano docufilm a tema per e con l’IA: ne è un esempio emblematico il docufilm Io Salvatore-AI Revolution di Francesca Bochicchio, disponibile su Amazon Prime Video.

 

Il futuro: convergenza o resistenza?

Nel 2028 potremmo vedere un film interamente scritto e diretto da un’IA, distribuito da una major su scala globale. Ma potremmo anche scoprire un piccolo capolavoro indipendente, creato da un autore solitario con l’aiuto di strumenti digitali, capace di emozionare e sorprendere.

La domanda non è se l’IA cambierà il cinema, ma come lo farà. Le major la useranno per rafforzare modelli già collaudati. Gli indipendenti, forse, per inventarne di nuovi.

Conclusione: il cinema resta umano

L’IA può scrivere, montare, distribuire. Ma non può ancora sentire. E il cinema, alla fine, è fatto di emozioni, intuizioni, contraddizioni. Che sia prodotto da una major o da un regista indipendente, ciò che conta è la capacità di raccontare storie che parlano al cuore.

Il futuro sarà ibrido, fluido, sorprendente. E forse, proprio grazie all’IA, il cinema indipendente troverà nuove strade per farsi sentire.

 

 

 

 

 

 

Giovanni De Santis

AFTER THE HUNT

Regia: Luca Guadagnino
Cast: Julia Roberts, Ayo Edebiri, Andrew Garfield
Durata: 139′
Genere: thriller

Trailer disponibile qui.

Alma Olsson (Julia Roberts) insegna Filosofia nella prestigiosa Università di Yale, dove sta per ottenere la tanto attesa cattedra. Inaspettatamente si ritrova coinvolta in uno scandalo che travolge il suo dipartimento. Maggie Price (Ayo Edebiri), una sua studentessa, denuncia uno degli assistenti, il professore Henrik Gibson (Andrew Garfield), di violenza sessuale. Alma si trova fra due fuochi: da un lato l’empatia verso la studentessa e il suo coinvolgimento a difesa delle donne, dall’altro la volontà di concedere al suo assistente il beneficio del dubbio.

La situazione fa anche riaffiorare un evento doloroso del passato di Alma, rendendo ancora più complessa la situazione già problematica.

Con questa pellicola Luca Guadagnino si stacca dalle sue ultime prove per toccare un tema attuale come quello delle ultime battaglie portate avanti dal movimento del Me Too e la ricerca delle verità/menzogne legate a questo tema complesso.

In questo contesto il regista fa uso di numerosi dialoghi, a volte eccessivi e ridondanti, fino a essere in qualche momento addirittura inutili, mera prova di erudizione.

Rimane quindi in superficie e frammentaria la ricerca su verità e menzogna che accompagnano la denuncia di molestie della studentessa e rimane parziale l’atmosfera da thriller che comporta la ricerca del vero colpevole.

Pur rimanendo spesso poco amalgamati, sono comunque molti i momenti in cui il problema trova una giusta focalizzazione anche grazie a una recitazione totalmente in parte di tutti gli attori. In particolare, la Roberts tratteggia un personaggio per lei inusuale e lo fa con una bravura che dimostra la maturità raggiunta da questa attrice.

L’omaggio a Woody Allen, come ammesso dallo stesso regista, si rivolge a film più dal taglio thriller, come Crimini e Misfatti, ed è evidente nei font e colori dei titoli di testa e coda . Il film è nel complesso un omaggio al cinema americano.

Il film è stato presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia del 2025.

 

 

 

Serena Pasinetti