E’notorio, Nostalgia di Mario Martone concorre all’Oscar. Il film è certo l’opera di maggiore qualità della stagione. Ed è il segnale della completezza artistica e del talento dell’autore. C’è un dato di questi giorni ad avallare. Il film, la regia di Fedora alla Scala, e il prossimo Romeo e Giulietta al Piccolo Teatro. Oscar, Scala, “Piccolo”: un podio per pochi, pochissimi.
Nostalgia è la storia di Felice, un napoletano che dopo aver fatto fortuna torna a casa. Ci sono momenti di ricordo di quando era ragazzo e frequentava Oreste, che poi avrebbe fatto fortuna in un altro modo, diventato un capo camorrista.
Dopo aver visto il film ne ho parlato con Martone. “Mario, un’idea. Avresti potuto girare le sequenze dei due ragazzi in bianco e nero. Per tre ragioni. Avresti evocato quel periodo in cui eravamo i più bravi del mondo… Sciuscià, Ladri di biciclette. E poi il bianco e nero avrebbe dato un tratto concettuale tanto amato dai francesi, e anche da alcuni membri… colti, della commissione degli Oscar…” È vero” ha detto Martone, col sorriso, “poteva essere un’idea, purtroppo è tardi”.
Non so se il nostro vincerà l’Oscar, lo speriamo con tutto il cuore. Comunque inserire il suo nome nell’antologia degli italiani che lo hanno vinto è già un punto di partenza.
Trattasi di registi importanti, in qualche caso di grandi maestri, artisti generali.
Cominciamo. Vittorio De Sica: quattro Oscar. De Sica merita un inserto.
Una volta domandarono a Cesare Pavese quali fossero i suoi narratori preferiti. Rispose: Thomas Mann e Vittorio De Sica. Con quell’affermazione, il grande scrittore piemontese, omologando De Sica al premio Nobel tedesco metteva cinema e letteratura sullo stesso piano. De Sica ottenne l’Oscar con Sciuscià (Oscar 1948) e Ladri di biciclette (1950).
Una sala di Pasadena ha proiettano per anni Ladri di biciclette. La California, terra del cinema onorava Vittorio De Sica. Il prestigioso Moma, di New York conserva una copia del film come cimelio di arte di vertice. Ieri, oggi, domani (1965) è il terzo Oscar: è la celebrazione di Sophia Loren, che interpreta tre parti diverse. Il regista le deve molto. L’ultima statuetta è per Il giardino dei Finzi Contini (1972). Tratto dal romanzo di Giorgio Bassani non ebbe buone critiche. Il film non riuscì a trasmettere la qualità del libro.
Federico Fellini: artista italiano del secolo, fra i più acclamati del pianeta. Quattro Oscar: La strada (1957) Le notti di Cabiria (1968), 8 ½ (1964) Amarcord (1975). E un quinto alla carriera. Manifesti di periodi diversi. Significa che Fellini, l’Academy Awards, lo ha capito in pieno. Il riminese presenta infinite citazioni, addirittura un aggettivo, “felliniano” sappiamo tutti cose significa. Lana Turner ne Lo specchio della vita è la prima diva di Hollywood. Molla tutto perché da Roma l’ha chiamata “Fellucci”. E poi quella dedica “A Federico” di Wenders in Lisbon Story.
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1971) è un film sul potere in una stagione dove la politica e la società stavano cambiando. Elio Petri realizzò un’istantanea lucida e profetica.
Nuovo cinema Paradiso (1990), di Giuseppe Tornatore. E’ il trionfo del cinema: commozione e memoria. Gradito da tutto il movimento.
Maditerraneo (1992) di Gabriele Salvatores. Trattasi di bel film ma non da Oscar. Ci furono polemiche. A farne le spese era stato Lanterne rosse, di Zhang Yimou, quello sì, da Oscar.
La vita è bella (1999). Opera grande di Roberto Benigni, capace di far sorridere pur raccontando la vicenda più tragica dell’umanità.
La grande bellezza (2014). Paolo Sorrentino crea un film visionario pieno di talento. Ma è anche il sesto Oscar di Fellini.
PINO FARINOTTI