Nel cuore pulsante dell’industria cinematografica, qualcosa si è incrinato. Non è solo una questione di numeri di biglietti venduti, incassi, percentuali di crescita, ma di senso. Dove va il cinema, e soprattutto: chi lo guida?
Negli ultimi anni, la filiera audiovisiva ha subito una metamorfosi radicale. Le piattaforme di streaming hanno riscritto le regole della distribuzione, la pandemia ha accelerato processi già in atto, e l’intelligenza artificiale si affaccia come nuovo demiurgo creativo. In questo scenario, le sale cinematografiche lottano per non diventare reliquie di un passato glorioso, mentre i festival si reinventano come hub esperienziali e le produzioni indipendenti cercano spazi di sopravvivenza tra algoritmi e logiche di mercato.
Ma il futuro non è scritto. È in discussione. E il cinema, per sua natura, è un’arte che si nutre di crisi, che si rigenera proprio quando sembra sul punto di crollare.

Le sfide sono molteplici:
- La ridefinizione dell’esperienza cinematografica: la sala non è più l’unico tempio del racconto. Ma può ancora essere il luogo della visione collettiva, dell’incontro, della sospensione.
- L’ibridazione con l’intelligenza artificiale: strumento o minaccia? Collaboratore creativo o sostituto dell’autore? La risposta dipenderà da chi saprà governare la tecnologia, e non subirla.
- La globalizzazione dei contenuti: se tutto è ovunque, come si preserva l’identità culturale? Il cinema europeo e quello italiano in particolare dovranno scegliere se rincorrere i modelli dominanti o riscoprire la propria voce.
- La sostenibilità economica e ambientale: produrre meno, produrre meglio. Ripensare i modelli produttivi non è più un’opzione, ma una necessità.
Il rischio più grande? Che il cinema smetta di disturbare. Che si adagi nel comfort dell’intrattenimento algoritmico, perdendo la sua funzione critica, poetica, politica. Che dimentichi di essere, prima di tutto, uno specchio deformante della realtà, non un semplice riflesso.
Eppure, in mezzo al rumore, si alzano voci nuove. Registi che sperimentano, spettatori che chiedono storie diverse, sale che diventano presidi culturali. Il futuro del cinema non sarà scritto da chi ha più budget, ma da chi ha più visione.
E visione, oggi, significa anche coraggio.
Giovanni De Santis