Regia: Alonso Ruizpalacios
Attori: Rooney Mara, Raul Briones, James Waterston, Oded Fehr
Genere: Drammatico
Paese: Usa
Durata: 139’
Trailer disponibile qui.
Al cinema dal 5 giugno 2025
In un ristorante di Manhattan che sembra sul punto di esplodere, tra vapori, urla e ordini incessanti, nasce la storia d’amore tra un cuoco messicano (Raul Briones), emigrato in cerca di riscatto, e una cameriera statunitense (Rooney Mara) disillusa, ma ancora in cerca di qualcosa che somigli al futuro.
Alonso Ruizpalacios torna al suo sguardo preciso e visionario sulle dinamiche di potere e identità, questa volta calato nel ventre molle del capitalismo gastronomico newyorkese. La cucina di un ristorante di lusso diventa il luogo simbolico dove si consuma — letteralmente — il dramma degli immigrati, ingranaggi indispensabili ma invisibili del sistema.
Ruizpalacios orchestra la narrazione con il consueto virtuosismo tecnico: piani sequenza serrati, camera mobile e, soprattutto, un uso narrativo del suono — la stampante degli ordini, le urla, le lingue sovrapposte — che dà al film un ritmo quasi musicale, nervoso e incessante. È qui che la citazione a Tempi moderni si fa più evidente: la cucina come catena di montaggio umana, che annulla l’individuo a favore della performance.
Tuttavia, se c’è un punto debole nella costruzione del film, è l’eccessiva insistenza narrativa: ogni personaggio, ogni conflitto, ogni background viene approfondito, costruito e sviluppato con una cura che, paradossalmente, finisce per appesantire il ritmo. La sensazione non è di trame lasciate indietro, ma di un film che non riesce a scegliere cosa sacrificare. Ogni storia è portata fino in fondo, ma il prezzo è un minutaggio dilatato e una tensione che, pur partendo forte, si sfilaccia nel corso del tempo.
La messa in scena rimane comunque notevole. Ruizpalacios sa costruire immagini potenti: la bolgia della cucina, tra vapori e luci calde, diventa un inferno coreografato dove il caos è costante ma mai casuale. In questa confusione di lingue e culture, il regista restituisce l’umanità dei suoi personaggi senza sentimentalismi, ma con una rabbia lucida.
Aragoste a Manhattan è un film che vuole dire tutto e lo dice bene, ma forse dice troppo. Ruizpalacios gira con stile e precisione, ma avrebbe potuto alleggerire la narrazione, accorciare i tempi e concedere più spazio alla tensione implicita delle situazioni. Rimane però un’opera visivamente incisiva, un lavoro ambizioso, visivamente ricco e politicamente netto. Una bolgia organizzata dove il vero protagonista è il rumore del sistema che macina vite, una dopo l’altra.
Miriam Dimase