Regia: Janchivdorj Sengedorj
Attori: Tuvshinbayar Amartuvshin, Narantsetseg Ganbaatar, Bat-Erdene Munkhbat
Genere: Drammatico
Paese: Mongolia
Durata: 137′
Silent City Driver, presentato in concorso al 27° Far East Film Festival di Udine, è il nuovo lavoro di Janchivdorj Sengedorj (Ulan Bator, 1976), tra i più noti registi mongoli, da anni attento narratore delle inquietudini e dei disagi della gioventù.
Il film racconta la storia di Myagmar (Tuvshinbayar Amartuvshin) un giovane che, dopo 14 anni di carcere, si ritrova solo in una città che non gli appartiene più. Segnato nel corpo e nello spirito — malato, isolato, incapace di relazionarsi — trova conforto solo nella compagnia di un branco di cani randagi. Un lavoro come autista in una ditta di pompe funebri e l’incontro con un giovane monaco e un anziano artigiano cieco sembrano offrirgli una tenue possibilità di redenzione. Ma l’incontro con Saruul (Narantsetseg Ganbaatar) figlia dell’artigiano, giovane ribelle che sfoga il proprio dolore nella vita notturna, riapre le ferite. Tra i due nasce un legame fatto più di disperazione che di speranza. Quando Saruul diventa vittima di un ricatto e l’ingiustizia sembra prevalere, Myagmar, pur consapevole che “il perdono è la più grande vendetta”, compirà una scelta drammatica.
Silent City Driver di Janchivdorj Sengedorj racconta la solitudine con uno sguardo misurato e preciso. La regia, precisa e armoniosa, costruisce ogni inquadratura come un quadro, cercando un fragile equilibrio in un mondo dominato dalla perdita e dall’isolamento.
Dentro questa geometria visiva, Sengedorj introduce elementi quasi magici: il cammello che appare all’inizio e alla fine del film sembra evocare un’altra dimensione, più vasta e misteriosa della grigia città. Eppure, pur immerso in atmosfere cupe, il film sa alleggerire i toni senza mai spezzarne l’intensità: è il caso del dialogo tra Myagmar e un giovane monaco buddhista tifoso del Manchester United, così come dell’uso sapiente della musica — in particolare la canzone “Comme un boomerang” di Serge Gainsbourg — che accompagna con leggerezza amara i vagabondaggi notturni del protagonista.
La scena finale di Silent City Driver gioca un ruolo cruciale, chiudendo il cerchio della narrazione e fornendo uno spunto di riflessione sulla redenzione e sulle scelte che ci definiscono.
Miriam Dimase