AI un campo di battaglia

Se l’AI è il campo di battaglia, le debolezze di major e indipendenti non si misurano solo in termini tecnici, ma in visione, adattabilità e rischio culturale.

Le Major: debolezze strutturali e creative
  • Standardizzazione narrativa L’uso dell’AI per ottimizzare contenuti rischia di appiattire la varietà stilistica e tematica. Se l’algoritmo premia ciò che ha già funzionato, il cinema diventa ripetizione.
  • Dipendenza dai dati di mercato Le major tendono a usare l’AI per prevedere il successo commerciale. Ma il pubblico cambia, e i dati del passato non sempre anticipano le rivoluzioni culturali.
  • Rischio reputazionale L’uso di deepfake, attori sintetici o sceneggiature generate può sollevare polemiche etiche e legali. Il brand può essere danneggiato se l’AI viene percepita come “disumanizzante”.
  • Inerzia creativa Le strutture gerarchiche e i processi industriali rallentano l’adozione sperimentale. L’AI viene spesso integrata come strumento di efficienza, non come linguaggio.

The Greatest Independent Films of the Twentieth Century | The New Yorker

Gli Indipendenti: debolezze operative e di impatto
  • Accesso limitato alle tecnologie avanzate Molti strumenti AI sono costosi o richiedono competenze tecniche elevate. Gli indie rischiano di restare ai margini se non si creano reti di condivisione e formazione.
  • Sovraccarico creativo L’AI offre infinite possibilità, ma senza una visione chiara può generare dispersione. Il rischio è di produrre esperimenti affascinanti ma privi di struttura o impatto.
  • Difficoltà distributive Anche con contenuti innovativi, gli indipendenti faticano a entrare nei circuiti mainstream. L’AI può aiutare nel marketing, ma non risolve il problema della visibilità.
  • Fragilità legale e contrattuale L’uso di AI generativa solleva questioni di copyright, diritti d’autore e responsabilità. Senza supporto legale, gli indie possono trovarsi esposti.
Conclusione: vulnerabilità speculari

Le major rischiano di perdere l’anima, gli indipendenti di non avere voce. Ma proprio queste debolezze possono diventare punti di forza se affrontate con strategia:

  • Le major potrebbero investire in laboratori creativi AI-driven, aprendosi a nuovi linguaggi.
  • Gli indipendenti potrebbero creare reti di co-produzione e formazione, trasformando l’AI in leva collettiva.

 

 

 

 

 

Giovanni De Santis

Il futuro del cinema: tra algoritmi, sale vuote e nuove visioni

Nel cuore pulsante dell’industria cinematografica, qualcosa si è incrinato. Non è solo una questione di numeri di biglietti venduti, incassi, percentuali di crescita, ma di senso. Dove va il cinema, e soprattutto: chi lo guida?

Negli ultimi anni, la filiera audiovisiva ha subito una metamorfosi radicale. Le piattaforme di streaming hanno riscritto le regole della distribuzione, la pandemia ha accelerato processi già in atto, e l’intelligenza artificiale si affaccia come nuovo demiurgo creativo. In questo scenario, le sale cinematografiche lottano per non diventare reliquie di un passato glorioso, mentre i festival si reinventano come hub esperienziali e le produzioni indipendenti cercano spazi di sopravvivenza tra algoritmi e logiche di mercato.

Ma il futuro non è scritto. È in discussione. E il cinema, per sua natura, è un’arte che si nutre di crisi, che si rigenera proprio quando sembra sul punto di crollare.

 

 

 

 

 

 

 

 

Le sfide sono molteplici:

  •  La ridefinizione dell’esperienza cinematografica: la sala non è più l’unico tempio del racconto. Ma può ancora essere il luogo della visione collettiva, dell’incontro, della sospensione.
  •  L’ibridazione con l’intelligenza artificiale: strumento o minaccia? Collaboratore creativo o sostituto dell’autore? La risposta dipenderà da chi saprà governare la tecnologia, e non subirla.
  •  La globalizzazione dei contenuti: se tutto è ovunque, come si preserva l’identità culturale? Il cinema europeo e quello italiano in particolare dovranno scegliere se rincorrere i modelli dominanti o riscoprire la propria voce.
  • La sostenibilità economica e ambientale: produrre meno, produrre meglio. Ripensare i modelli produttivi non è più un’opzione, ma una necessità.

Il futuro del lavoro nel cinema: tra innovazioni tecnologiche e creatività umana - Forbes Next Leaders

Il rischio più grande? Che il cinema smetta di disturbare. Che si adagi nel comfort dell’intrattenimento algoritmico, perdendo la sua funzione critica, poetica, politica. Che dimentichi di essere, prima di tutto, uno specchio deformante della realtà, non un semplice riflesso.

Eppure, in mezzo al rumore, si alzano voci nuove. Registi che sperimentano, spettatori che chiedono storie diverse, sale che diventano presidi culturali. Il futuro del cinema non sarà scritto da chi ha più budget, ma da chi ha più visione.

E visione, oggi, significa anche coraggio.

Giovanni De Santis

Milano Crime International Film Festival

Milano accende i riflettori sul crime storytelling internazionale: nasce il Milano Crime International Film Festival

Dal 2026 un grande evento dedicato al racconto del crime e della legalità, ideato e diretto da Debora Scalzo

La città di Milano si prepara a diventare la nuova capitale mondiale del crime storytelling con la nascita del Milano Crime International Film Festival, ideato e diretto artisticamente da Debora Scalzo, con il sostegno dell’Associazione Culturale “Oltre la Divisa”.

Un progetto ambizioso e visionario, che dopo sei anni di lavoro e preparazione vede finalmente la luce: dal 2026, per tre giorni, Milano accoglierà autori, registi, attori, investigatori, criminologi, studiosi, magistrati, rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell’ordine, oltre a migliaia di appassionati provenienti da tutto il mondo.

Il Festival celebrerà il racconto del crime e della legalità attraverso cinema, arte, letteratura, incontri e dibattiti, con un gran finale di premiazione ospitato in uno dei teatri più storici e iconici della città.

I premi ufficiali del Festival renderanno omaggio alle eccellenze nel cinema, nel giornalismo, nella magistratura, nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine, riconoscendo il valore di chi, attraverso la narrazione o l’azione, sceglie di raccontare la verità e difendere la giustizia. Tra i tanti riconoscimenti che verranno ufficializzati l’11 novembre, figurano:

il Premio Milano Crime, simbolo del Festival e della città che lo ospita;

il Premio Paolo Vive, dedicato al Giudice Paolo Borsellino;

il Premio Giuseppe Iacovone, in memoria del poliziotto Giuseppe Iacovone, vittima in servizio della Polizia di Stato, e dedicato a tutti gli appartenenti delle forze dell’ordine che, in servizio e fuori servizio, si sono distinti per il loro operato e per il loro esempio di umanità, coraggio e dedizione al dovere.

Il progetto è stato presentato in anteprima presso il Parlamento Europeo lo scorso 15 ottobre, dove Debora Scalzo è stata ospite come Regista del docufilm “Paolo Vive” e Presidente dell’Associazione “Oltre la Divisa”, un momento che ha anticipato l’avvio ufficiale di un percorso internazionale di grande rilievo culturale.

Il prossimo 11 novembre, la Direttrice Artistica sarà ospite di Radio Lombardia per raccontare il Festival e anticipare le prime importanti novità: tra queste, il lancio del sito ufficiale e la rivelazione del primo grande ospite internazionale.

“Questo Festival rappresenta un sogno coltivato con passione per sei anni.

Volevo creare un luogo dove il racconto del crime si incontrasse con la verità e il senso civile, unendo arte, coraggio e umanità”, dichiara Debora Scalzo, ideatrice e Direttrice Artistica del Milano Crime International Film Festival.

“Il Premio Paolo Vive e il Premio Giuseppe Iacovone sono due riconoscimenti che porto nel cuore.

Il primo onora la memoria del grande Giudice Paolo Borsellino, simbolo eterno di giustizia e coraggio morale.

Il secondo è un omaggio a Giuseppe Iacovone, una parte del mio cuore, a cui voglio rendere la giusta giustizia che merita, omaggiandolo e ricordandolo.

È anche un premio dedicato a tutti gli uomini e le donne delle forze dell’ordine che, in servizio e fuori servizio, si sono distinti per il loro esempio di valore e umanità. Perché la memoria di chi ha scelto il bene, la verità e il dovere non deve mai spegnersi è il faro che illumina il cammino delle nuove generazioni”, aggiunge Debora Scalzo.

Con il suo respiro internazionale e il suo impegno etico, il Milano Crime International Film Festival si prepara a diventare un punto di riferimento mondiale per il cinema del reale e per la cultura della legalità, unendo le voci di chi racconta e di chi ogni giorno difende la giustizia.

Milano Crime Press Agency

La Redazione

 

Io ti conosco e il femminicidio che non si può più ignorare

Mentre tutti ne parlano, il cinema denuncia.

Nel film Io ti conosco, Laura Angiulli non racconta il femminicidio: lo attraversa. Lo lascia emergere come una crepa nel tessuto della realtà, come un’assenza che non si può montare, come un dolore che non si lascia chiudere in una narrazione lineare. La protagonista Nina, interpretata con intensità da Sara Drago, è una montatrice. Ma quando il marito scompare, il suo lavoro, dare forma alle storie degli altri, si trasforma in una lotta per dare senso alla propria.

Il femminicidio, in questo film, non è un fatto di cronaca. È un vuoto che si insinua nel quotidiano, una violenza che si consuma nel silenzio, nella disattenzione, nella normalità. Angiulli sceglie di non mostrare l’atto, ma di farne sentire il peso. Il montaggio diventa metafora: ogni taglio è una ferita, ogni raccordo una domanda, ogni sequenza un tentativo di ricomporre ciò che è stato distrutto.

In un panorama cinematografico spesso incline alla spettacolarizzazione del dolore femminile, Io ti conosco sceglie la sottrazione. E proprio in questo gesto radicale trova la sua forza.

Il film non cerca di spiegare, ma di far sentire. Non offre soluzioni, ma invita a restare dentro il disagio, a non voltarsi altrove.

Il femminicidio è un tema sempre attuale, purtroppo. Ma è anche un tema che rischia di diventare retorico, anestetizzato, ridotto a hashtag. Io ti conosco lo restituisce alla sua dimensione più vera: quella dell’esperienza, della perdita, della memoria. E lo fa attraverso il cinema, che qui non è solo linguaggio, ma spazio etico, dispositivo critico, atto politico.

Distribuito da Galleria Toledo e DNA srl, il film è stato presentato al Festival del Cinema di Spello, e rappresenta una delle voci più urgenti e consapevoli del nuovo cinema italiano.

Un’opera prima che non chiede di essere capita, ma di essere ascoltata. Come un grido che arriva da lontano, e che non possiamo più ignorare.

 

 

 

 

 

Giovanni de Santis

Produzione cinematografica e Intelligenza Artificiale: Major vs Indipendenti, chi guiderà il cambiamento?

Nel cuore della rivoluzione digitale che sta travolgendo il cinema, l’intelligenza artificiale si impone come ago della bilancia tra le grandi major e il mondo indipendente.

Non è solo una questione di strumenti, ma di visione, accesso e potere creativo.

 Le Major: automazione, efficienza, controllo

Le grandi case di produzione stanno già integrando l’AI nei processi di pre-produzione e post-produzione:

  • Script generation e analisi predittiva: algoritmi capaci di valutare la potenziale performance di una sceneggiatura prima ancora che venga girata.
  • Casting virtuale e deepfake controllati: simulazioni di attori e performance per testare scene e alternative narrative.
  • Post-produzione accelerata: editing, color grading e VFX automatizzati riducono tempi e costi.

Il vantaggio? Una macchina produttiva più snella, capace di testare e ottimizzare contenuti in base a dati di mercato. Il rischio? Un cinema sempre più omologato, dove l’algoritmo detta il gusto.

Gli Indipendenti: accesso, sperimentazione, rottura

Per i filmmaker indipendenti, l’AI può essere una leva di democratizzazione:

  • Strumenti open-source e low-cost per editing, animazione e doppiaggio.
  • Generazione di immagini e ambienti virtuali per superare limiti di budget.
  • Sperimentazione narrativa: chatbot e modelli linguistici come co-autori di storie ibride, poetiche, disturbanti.

Qui l’AI non è solo tecnologia, ma linguaggio. Un alleato per chi vuole rompere le regole, creare mondi impossibili, interrogare l’umano attraverso il non-umano.

L’impatto sostanziale: ridefinizione del ruolo autoriale

La vera frattura non sarà tra chi ha più soldi e chi ne ha meno, ma tra chi saprà integrare l’AI come estensione del pensiero creativo e chi la userà come scorciatoia produttiva.

Il regista del futuro non sarà solo un narratore, ma un curatore di intelligenze, capace di orchestrare umano e artificiale in un nuovo equilibrio estetico.

Verso un nuovo paradigma

Il cinema come lo conosciamo è destinato a mutare. Non si tratta di sostituire l’artista, ma di ridefinire il suo spazio.

Le major cercheranno di addomesticare l’AI, gli indipendenti di liberarla. In mezzo, il pubblico.

 

 

 

 

 

 

Giovanni De Santis

FILMMAKER FESTIVAL – Retrospettiva Valie Export

Milano | 15 – 23 novembre 2025

VALIE EXPORT protagonista della retrospettiva di Filmmaker 2025. Icona femminista dell’arte contemporanea, amata da Marina Abramovic e Cindy Sherman, autrice di performance scandalose e leggendarie: nel focus dal titolo BODY DOCUMENTS, a cura di Tommaso Isabella e con la collaborazione del Forum Austriaco di Cultura a Milano, oltre venti tra corti e documentari per raccontare un’artista che ha fatto del suo corpo uno strumento politico e creativo.

È dedicata all’artista austriaca VALIE EXPORT la retrospettiva di Filmmaker 2025, il festival del cinema documentario e di ricerca, in arrivo a Milano dal 15 al 23 novembre. Col titolo BODY DOCUMENTS, il focus curato da Tommaso Isabella e realizzato con la collaborazione del Forum Austriaco di Cultura a Milano, esplora l’opera di una figura che è oggi un’icona dell’arte contemporanea, riferimento per molte artiste delle generazioni successive – da Marina Abramovic a Cindy Sherman – fra le prime a mettere in discussione lo sguardo maschile e il patriarcato con la pratica della performance nello spazio pubblico.

Nata a Linz nel 1940, performer, fotografa, filmmaker, femminista, VALIE EXPORT in oltre sessant’anni di carriera ha attraversato una molteplicità di media e pratiche, mostrando in ogni suo intervento un senso affilato per la provocazione e una prospettiva politica radicale. Sin dai suoi esordi, negli anni Sessanta, che creano scandalo e sconvolgono la scena artistica austriaca del tempo, dalla quale sarà a lungo ostracizzata, EXPORT nome d’arte ispirato a una marca di sigarette austriaca, afferma un gesto creativo in rivolta, la cui materia e strumento è il corpo femminile e femminista dell’artista, in relazione allo spazio pubblico, al suo ambiente sociale e culturale.

Cosa sarebbe l’arte se non derivasse dal desiderio di cambiare il mondo?” si chiede. Una domanda che è un’affermazione poetica e politica, resa visibile in performance diventate leggendarie come Tapp-und Tastkino (1968), in cui, indossando una protesi a forma di box, invita i passanti nelle strade di Vienna a assistere a un cinema sensoriale che ha per oggetto il suo stesso corpo o Aus der Mappe die Hundigkeit dove, ribaltando i tradizionali rapporti di potere tra i sessi, vagabonda tenendo al guinzaglio l’artista concettuale e curatore Peter Weibel o ancora Aktionshose Genitalpanik (1969) quando, con lo sguardo fisso verso l’obiettivo, un fucile semiautomatico puntato contro lo spettatore e i genitali in mostra, fa irruzione in un cinema di Colonia capovolgendo la percezione del “body” e trasformandolo in un simbolo di violenza. Un percorso artistico grazie al quale, attraverso l’esplorazione del corpo come portatore di domande e conflitti, EXPORT stimola il pubblico a mettere in discussione le strutture di potere dietro l’erotismo, lo sguardo maschile, le questioni di genere, i ruoli del femminile in un continuo rovesciamento che diviene il punto di partenza per una critica alla società. E che risuona nel nostro presente.

Articolata in quattro programmi, la retrospettiva, ospitata alla Cineteca Milano MIC di Viale Fulvio Testi 121, verte principalmente sui cortometraggi sperimentali, sulle documentazioni delle performance nonché su alcuni lavori documentari realizzati da EXPORT nella fase più avanzata della sua carriera in cui si rileva un’attenzione persistente al tema della dualità tra corpo e linguaggio. I diversi programmi saranno introdotti da artiste e curatrici che hanno particolari legami con la sua opera.

BIOGRAFIA VALIE EXPORT

VALIE EXPORT è nata come Waltraud Lehner nel 1940 a Linz, dove ha frequentato la Scuola di Arti e Mestieri. Nel 1964 si è laureata alla HBLVA per l’industria tessile di Vienna. Dal 1967 porta il nome di VALIE EXPORT, un concetto artistico e un logo. Cofondatrice dell’Austrian Filmmakers Cooperative, ha partecipato a numerosi festival di cinema e video in tutto il mondo. Oltre a presentare i suoi lavori in mostre internazionali e a prender parte a importanti esposizioni come la Biennale di Venezia (1980) e Documenta (1977), nel 1970 ha iniziato la sua attività curatoriale, con particolare attenzione al femminismo e alla media art. Ha inoltre insegnato in istituzioni come l’Art Institute di San Francisco, l’Università del Wisconsin, Milwaukee/USA, e l’Università delle Arti di Berlino. Fino al 2005, VALIE EXPORT ha ricoperto la cattedra di Multimedia e Performance presso l’Accademia di Media Arts di Colonia. Nel 2009 è stata co-commissario del Padiglione austriaco alla Biennale di Venezia. Attualmente vive e lavora a Vienna.

FILMMAKER FESTIVAL

Da sempre attento a intercettare autrici e autori che si muovono sui bordi di sperimentazione, cinema del reale, ibridazione dei generi, Filmmaker propone quest’anno due sezioni competitive (Concorso Internazionale e Concorso Prospettive, quest’ultimo riservato a autrici e autori fino ai 35 anni) con prime italiane e mondiali,  una selezione Fuori Concorso, che presenta gli highlights della stagione cinematografica, percorsi e proiezioni che indagano le relazioni fra cinema e altre arti, masterclass, incontri con le registe e i registi e uno spazio dedicato alla realtà immersiva.
Gli abbonamenti (intero 35€, ridotto 30€, sostenitore 100€) validi per la partecipazione e tutti gli appuntamenti del festival sono disponibili già da ora in prevendita su filmmakerfest.com.

La direzione

Il risultato del vero cinema Indie: MI FACCIO DI ROCK’N’ROLL

Il risultato del vero cinema Indie, da i suoi frutti.

Mi faccio di rock’n’roll: il film che prende a calci il cinema italiano

Altro che Tarantino. Rocco Marino non lo cita, lo brucia. Mi faccio di rock’n’roll è il film che il sistema non voleva, che i festival hanno ignorato, che le piattaforme hanno temuto e che il pubblico ha adorato. Un’opera punk, sporca, eccessiva, che fa saltare in aria le regole del cinema indipendente italiano con la grazia di una molotov lanciata in un teatro borghese.

Perché è il caso dell’anno?

Perché non chiede il permesso. Lo prende.

Perché non cerca fondi pubblici, cerca adrenalina.

Perché non si rivolge al pubblico, lo sfida.

Perché Milano non è sfondo, è ferita aperta.

Perché ogni personaggio è una mina vagante, ogni dialogo una rasoiata.

Cinema o sabotaggio?

Marino gira come se avesse rubato la cinepresa. Monta come se stesse scappando dalla polizia. Distribuisce come se fosse un hacker. Il risultato? Un film che non si guarda, si subisce. E che lascia il segno.

Tarantino? Forse. Ma qui c’è di più. C’è l’Italia che non si vede. Quella delle notti sbagliate, dei sogni tossici, delle verità che non entrano nei bandi ministeriali. Mi faccio di rock’n’roll è il manifesto di una generazione che non vuole essere educata, ma disturbata.

Rocco Marino con Veleno production, firma il caso indie dell’anno. Un contest musicale truccato, un testimone scomodo, una Milano che brucia. Altro che Tarantino. Qui si gioca sporco.

Disponibile ora su Amazon Prime. #MiFaccioDiRocknRoll #RoccoMarino #CinemaIndie #FilmCheSpacca #MilanoPulp #IlCinemaCheDisturba #velenoproduction

 

Giovanni De Santis

Major e indipendenti: il cinema nell’era dell’intelligenza artificiale

Una volta c’era Hollywood da una parte, con i suoi blockbuster e le sue star, e dall’altra il cinema indipendente, fatto di budget ridotti, idee audaci e festival alternativi. Oggi, questa distinzione è ancora viva, ma qualcosa sta cambiando: l’intelligenza artificiale (IA) sta entrando in scena, e lo fa con un impatto che potrebbe riscrivere le regole del gioco.

Major: l’IA come strumento di potere

Le grandi case di produzione stanno già usando l’IA per ottimizzare ogni fase del processo creativo. Si parla di algoritmi che analizzano i gusti del pubblico per prevedere il successo di un film, software che generano sceneggiature basate su modelli narrativi vincenti, e persino tecnologie che permettono di ringiovanire digitalmente gli attori o ricreare volti scomparsi.

Un esempio? La Lucas film ha utilizzato l’IA per riportare in vita il volto di Peter Cushing in “Rogue One”, e Netflix ha sperimentato l’uso di doppiaggio automatico multilingua per distribuire contenuti in tempo record.

Indipendenti: l’AI come alleata creativa

Ma l’IA non è solo nelle mani dei colossi. Al Sundance Film Festival 2025, diversi registi indipendenti hanno raccontato come l’IA stia diventando uno strumento per abbattere i costi e ampliare le possibilità creative. Alcuni usano software per scrivere soggetti, altri per montare film in autonomia, altri ancora per creare effetti visivi senza dover ricorrere a studi esterni.

 

 

Al Nòt Film Fest 2024, festival italiano dedicato al cinema indipendente, registi e produttori hanno discusso apertamente di come l’IA possa aiutare a superare barriere economiche e linguistiche, rendendo il cinema più accessibile e internazionale. Anche in Italia si creano docufilm a tema per e con l’IA: ne è un esempio emblematico il docufilm Io Salvatore-AI Revolution di Francesca Bochicchio, disponibile su Amazon Prime Video.

 

Il futuro: convergenza o resistenza?

Nel 2028 potremmo vedere un film interamente scritto e diretto da un’IA, distribuito da una major su scala globale. Ma potremmo anche scoprire un piccolo capolavoro indipendente, creato da un autore solitario con l’aiuto di strumenti digitali, capace di emozionare e sorprendere.

La domanda non è se l’IA cambierà il cinema, ma come lo farà. Le major la useranno per rafforzare modelli già collaudati. Gli indipendenti, forse, per inventarne di nuovi.

Conclusione: il cinema resta umano

L’IA può scrivere, montare, distribuire. Ma non può ancora sentire. E il cinema, alla fine, è fatto di emozioni, intuizioni, contraddizioni. Che sia prodotto da una major o da un regista indipendente, ciò che conta è la capacità di raccontare storie che parlano al cuore.

Il futuro sarà ibrido, fluido, sorprendente. E forse, proprio grazie all’IA, il cinema indipendente troverà nuove strade per farsi sentire.

 

 

 

 

 

 

Giovanni De Santis

AFTER THE HUNT

Regia: Luca Guadagnino
Cast: Julia Roberts, Ayo Edebiri, Andrew Garfield
Durata: 139′
Genere: thriller

Trailer disponibile qui.

Alma Olsson (Julia Roberts) insegna Filosofia nella prestigiosa Università di Yale, dove sta per ottenere la tanto attesa cattedra. Inaspettatamente si ritrova coinvolta in uno scandalo che travolge il suo dipartimento. Maggie Price (Ayo Edebiri), una sua studentessa, denuncia uno degli assistenti, il professore Henrik Gibson (Andrew Garfield), di violenza sessuale. Alma si trova fra due fuochi: da un lato l’empatia verso la studentessa e il suo coinvolgimento a difesa delle donne, dall’altro la volontà di concedere al suo assistente il beneficio del dubbio.

La situazione fa anche riaffiorare un evento doloroso del passato di Alma, rendendo ancora più complessa la situazione già problematica.

Con questa pellicola Luca Guadagnino si stacca dalle sue ultime prove per toccare un tema attuale come quello delle ultime battaglie portate avanti dal movimento del Me Too e la ricerca delle verità/menzogne legate a questo tema complesso.

In questo contesto il regista fa uso di numerosi dialoghi, a volte eccessivi e ridondanti, fino a essere in qualche momento addirittura inutili, mera prova di erudizione.

Rimane quindi in superficie e frammentaria la ricerca su verità e menzogna che accompagnano la denuncia di molestie della studentessa e rimane parziale l’atmosfera da thriller che comporta la ricerca del vero colpevole.

Pur rimanendo spesso poco amalgamati, sono comunque molti i momenti in cui il problema trova una giusta focalizzazione anche grazie a una recitazione totalmente in parte di tutti gli attori. In particolare, la Roberts tratteggia un personaggio per lei inusuale e lo fa con una bravura che dimostra la maturità raggiunta da questa attrice.

L’omaggio a Woody Allen, come ammesso dallo stesso regista, si rivolge a film più dal taglio thriller, come Crimini e Misfatti, ed è evidente nei font e colori dei titoli di testa e coda . Il film è nel complesso un omaggio al cinema americano.

Il film è stato presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia del 2025.

 

 

 

Serena Pasinetti

Dove sta andando il cinema con l’Intelligenza Artificiale?

Nel 2025 il cinema non è più quello di prima. Non solo per le piattaforme, le sale, i festival, ma per ciò che accade dietro le quinte: l’intelligenza artificiale ha riscritto le regole del gioco. Non è più un supporto tecnico. È presenza. È proposta. È decisione.

 

L'Intelligenza Artificiale nel Mondo del Cinema

 

 

 

 

 

 

Oggi un film può essere concepito, scritto, montato e persino interpretato da algoritmi. Software come Scriptbook analizzano la struttura narrativa, ElevenLabs genera voci credibili, Runway crea effetti visivi in tempo reale, mentre Midjourney e Kaiber disegnano mondi immaginari con una precisione che sfida la fantasia umana. Il regista diventa curatore, il montatore un supervisore, lo sceneggiatore un suggeritore. Ma è ancora cinema?

Robert Zemeckis ha già mostrato cosa significa lavorare con deepfake e attori digitali: Tom Hanks e Robin Wright in Here si muovono tra le età come se il tempo fosse un filtro di Instagram. Elon Musk, con la sua xAI, promette film interamente generati da modelli di simulazione del mondo reale. E mentre le grandi produzioni si attrezzano, il cinema indipendente trova nell’IA una risorsa per sopravvivere, sperimentare, provocare.

Ecco come l'intelligenza artificiale può cambiare il cinema - 24+

 

 

 

 

 

Ma non è tutto oro. L’AI solleva domande etiche e legali: chi è l’autore? Chi detiene i diritti? Cosa succede se un volto viene usato senza consenso? La nuova legge italiana n.132/2025 ha introdotto il reato di diffusione illecita di contenuti generati con IA, segno che il confine tra innovazione e abuso è sottile.

Il cinema, da sempre specchio e motore della società, oggi si trova davanti a un bivio: diventare laboratorio di co-creazione uomo-macchina o cedere alla tentazione dell’automazione totale. La sfida non è solo tecnologica, ma culturale. L’IA può amplificare la visione artistica, ma non sostituirla. Può generare emozioni, ma non viverle.

Il futuro? È già qui. Ma il cinema, per restare tale, dovrà continuare a porre domande. Anche scomode. Anche artificiali.

 

 

 

 

Giovanni De Santis