Se l’AI è il campo di battaglia, le debolezze di major e indipendenti non si misurano solo in termini tecnici, ma in visione, adattabilità e rischio culturale.
Le Major: debolezze strutturali e creative
- Standardizzazione narrativa L’uso dell’AI per ottimizzare contenuti rischia di appiattire la varietà stilistica e tematica. Se l’algoritmo premia ciò che ha già funzionato, il cinema diventa ripetizione.
- Dipendenza dai dati di mercato Le major tendono a usare l’AI per prevedere il successo commerciale. Ma il pubblico cambia, e i dati del passato non sempre anticipano le rivoluzioni culturali.
- Rischio reputazionale L’uso di deepfake, attori sintetici o sceneggiature generate può sollevare polemiche etiche e legali. Il brand può essere danneggiato se l’AI viene percepita come “disumanizzante”.
- Inerzia creativa Le strutture gerarchiche e i processi industriali rallentano l’adozione sperimentale. L’AI viene spesso integrata come strumento di efficienza, non come linguaggio.

Gli Indipendenti: debolezze operative e di impatto
- Accesso limitato alle tecnologie avanzate Molti strumenti AI sono costosi o richiedono competenze tecniche elevate. Gli indie rischiano di restare ai margini se non si creano reti di condivisione e formazione.
- Sovraccarico creativo L’AI offre infinite possibilità, ma senza una visione chiara può generare dispersione. Il rischio è di produrre esperimenti affascinanti ma privi di struttura o impatto.
- Difficoltà distributive Anche con contenuti innovativi, gli indipendenti faticano a entrare nei circuiti mainstream. L’AI può aiutare nel marketing, ma non risolve il problema della visibilità.
- Fragilità legale e contrattuale L’uso di AI generativa solleva questioni di copyright, diritti d’autore e responsabilità. Senza supporto legale, gli indie possono trovarsi esposti.
Conclusione: vulnerabilità speculari
Le major rischiano di perdere l’anima, gli indipendenti di non avere voce. Ma proprio queste debolezze possono diventare punti di forza se affrontate con strategia:
- Le major potrebbero investire in laboratori creativi AI-driven, aprendosi a nuovi linguaggi.
- Gli indipendenti potrebbero creare reti di co-produzione e formazione, trasformando l’AI in leva collettiva.

Giovanni De Santis









VALIE EXPORT protagonista della retrospettiva di Filmmaker 2025. Icona femminista dell’arte contemporanea, amata da Marina Abramovic e Cindy Sherman, autrice di performance scandalose e leggendarie: nel focus dal titolo BODY DOCUMENTS, a cura di Tommaso Isabella e con la collaborazione del Forum Austriaco di Cultura a Milano, oltre venti tra corti e documentari per raccontare un’artista che ha fatto del suo corpo uno strumento politico e creativo.
“Cosa sarebbe l’arte se non derivasse dal desiderio di cambiare il mondo?” si chiede. Una domanda che è un’affermazione poetica e politica, resa visibile in performance diventate leggendarie come Tapp-und Tastkino (1968), in cui, indossando una protesi a forma di box, invita i passanti nelle strade di Vienna a assistere a un cinema sensoriale che ha per oggetto il suo stesso corpo o Aus der Mappe die Hundigkeit dove, ribaltando i tradizionali rapporti di potere tra i sessi, vagabonda tenendo al guinzaglio l’artista concettuale e curatore Peter Weibel o ancora Aktionshose Genitalpanik (1969) quando, con lo sguardo fisso verso l’obiettivo, un fucile semiautomatico puntato contro lo spettatore e i genitali in mostra, fa irruzione in un cinema di Colonia capovolgendo la percezione del “body” e trasformandolo in un simbolo di violenza. Un percorso artistico grazie al quale, attraverso l’esplorazione del corpo come portatore di domande e conflitti, EXPORT stimola il pubblico a mettere in discussione le strutture di potere dietro l’erotismo, lo sguardo maschile, le questioni di genere, i ruoli del femminile in un continuo rovesciamento che diviene il punto di partenza per una critica alla società. E che risuona nel nostro presente.









