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L’Albero dei frutti selvatici

Per raccontare L’albero dei frutti selvatici di Nuri Bikge Ceylan abbiamo deciso di partire da una delle tanti immagini simboliche che la pellicola offre al pubblico: un pero selvatico in mezzo alla campagna turca, privo di armonia, solitario e deforme che, soltanto alla fine dei 188 minuti di durata del film, diventa uno specchio capace di rappresentare il profondo legame generazionale che unisce figlio, padre e nonno.

L’albero dei frutti selvatici, in uscita nelle sale cinematografiche italiane il 27 settembre grazie a Parthénos, è un film che eleva il dialogo e la conseguente introspezione psicologica a vera e propria poetica. La lunghissima durata dell’opera è infatti necessaria e funzionale non tanto a raccontarci la vita di Sydan, neolaureato con il sogno di diventare uno scrittore e alla ricerca di una cattedra nella scuola pubblica turca, quanto a mostrarci i paradossi di una società immobile e testarda, contesa tra un’occidentalizzazione consumista e viziosa e una tradizione, soprattutto religiosa, dogmatica e ipocrita.
Nuri Bikge Ceylan ci racconta una storia in cui, fin dalle prime battute, sembra imminente una fuga: Sydan è un ragazzo colto, ha un pungente spirito critico e soprattutto ha una famiglia piena di debiti che non può aiutarlo. Tuttavia la fuga non arriva e la naturale intelligenza di Sydan lo porta a capire che bisogna continuare a scavare perché, come scrisse Pavese, “bisogna a un certo punto mettere radici perché questa vita valga di più di un comune giro di stagione”.

È proprio La luna e i falò, nella sua lontananza storica e geografica, il paragone più vivido che ci è balenato in mente dopo aver assistito alla proiezione della pellicola, soprattutto per la delicatezza con cui il regista cerca di essere “giusto” con ciascuno dei suoi personaggi. 

Il film, a tratti sarcastico, danza sul filo della tragedia, accompagnando nella chiusa lo spettatore verso una saggezza morale che può essere riassunta dalle parole dello stesso Ceylan: “Ogni cosa che nasconde un padre riappare un giorno nel figlio”.

Marco Citro

autobiography - il ragazzo e il generale

Al cinema dal 4 Aprile

Rakib, un giovane ragazzo indonesiano, diventa assistente di Purna, ex generale del regime in pensione. Quando Purna inizia una campagna elettorale per essere eletto sindaco, Rakib si lega all’uomo, diventato per lui mentore e figura paterna. Un giorno, però, un manifesto elettorale di Purna viene trovato vandalizzato: un gesto che avrà conseguenze inimmaginabili per entrambi.
Con un ritratto intimo di due generazioni che vivono sotto lo stesso tetto, il regista Makbul Mubarak ripercorre un doloroso periodo storico della sua nazione con un thriller intenso, che presenta forti risonanze con la contemporaneità ed una forte universalità del tema della lealtà e della vicinanza al potere.

i film per non dimenticare

27 Gennaio 2024

In occasione del Giorno della Memoria (27 gennaio) ci sembra opportuno segnalarvi una selezione di film nel nostro catalogo che sono stati fondamentali nel racconto di ciò che è successo durante gli anni della dittatura nazista: dai film di propaganda ai documentari, dalle prime opere realizzate nella Germania Est al cinema hollywoodiano, per conoscere il ruolo fondamentale della settima arte nella storia, nonché importante strumento di conoscenza. 

Nelle sezione “Guerra” sul nostro sito potrete quindi trovare capolavori come “I figli di Hitler”, un’aspra critica del regista Edward Dmytryk sull’educazione hitleriana, al vincitore del Festival di Locarno “Rotation” e il film perduto della propaganda nazista “Das Ghetto”.

Le muse impenitenti

L’associazione e compagnia teatrale le Muse Impenitenti, Marinetta Martucci e Arianna Villamaina, due attrici potentine, tornano a calcare il palcoscenico con una nuova esilarante ed originalissima commedia: Come lo zucchero per il caffè – ‘‘O Teatro è ‘o paese d’ ’o vero. Una commedia divertente e con performance di danza fuori le righe, che ci trasporta in un musical vero e proprio per poi allietare il pubblico con una sorpresa golosa. Lo spettacolo è un contenitore di arte a tutti gli effetti ed è un inno alle mille sfaccettature che in essa sopravvivono.